martedì 13 ottobre 2015

"Miei segni particolari: incanto e disperazione."

Oggi ho scritto un articolo per la rivista di danza con cui collaboro; un articolo su di uno spettacolo, come tanti altri ne ho scritti; e leggendo i vari comunicati stampa, le varie interviste a chi questo spettacolo lo ha ideato, mi sono resa conto di come -alla fine- il leitmotiv della produzione artistica sia, quasi sempre, l'animo umano con le sue mille sfaccettature.

Già! Ed è una cosa che mi ha fatto pensare: perché continuiamo a parlarne, a scriverne a raccontarcelo, forse perché, in conclusione, non ne abbiamo capito granché! 
L'uomo, con le sue infinite sfumature, costituisce un mistero insondabile: quel che ha nel cuore è poesia ed è orrore, è grandezza ed è inconsistenza; è incubo e sogno; è amore e malvagità, è "incanto e disperazione" per dirla con la Szymborska. L'uomo è tutto questo, e non riusciamo a venirne a capo pur sforzandoci, pur cercando di capirlo, pur adottando misure e strategie atte a risolvere l'enigma.

Nella nostra vita incontriamo davvero tantissime persone, alcune ci sfiorano soltanto, altre restano impigliate nelle maglie della nostra esistenza, per caso o per volontà, e di queste con cui abbiamo l'opportunità di relazionarci in maniera più o meno continuativa, iniziamo a cogliere i colori dell'animo e le mille contraddizioni che lo caratterizzano. Sono quelle persone che, consapevolmente o no, decidono di fare un pezzettino di strada con noi, o anche un lungo percorso, dipende. Eppure, molte volte, per quanto ci sforziamo di capire e di coglierne i sensi e le ragioni, ci risulta pressoché impossibile leggerle dentro.

Talvolta si sente dire "Quella persona è un libro aperto", ma io credo che non esistano animi così trasparenti, non credo che ci sia chi non ha in sé quell'ambivalenza e quella contraddittorietà che lo rendono piccolo e meschino, così come solo l'uomo può essere. Non me ne tiro fuori sia chiaro, io non sono diversa dal resto del mondo, tuttavia credo che stia a ciascuno di noi imparare a stemperare le caratteristiche negative e cercare di raggiungere un equilibrio. Se non crediamo di poterlo fare, se non siamo in grado di fare un'autoanalisi, di guardarci allo specchio senza il piglio presuntuoso di chi crede di essere "assolutamente perfetto sotto ogni aspetto", come una sorta di Mary Poppins dei giorni nostri, è meglio lasciarle stare le vite degli altri.

E nemmeno si può accettare il discorso che fa chi dice di non poter cambiare, perché significa rinunciare a crescere e ad evolversi; significa non mettersi in discussione, mettere a tacere quell'eterna diatriba interiore che quotidianamente si dovrebbe svolgere in noi, per diventare delle persone migliori. E quando poi, entriamo nell'intimo vivere di un'altra persona, ancora di più ci si dovrebbe sforzare di far pulizia dentro di sé, di limitare gli aspetti cupi e oscuri del Mr. Hyde che alberga in noi, per dar maggiore spazio al bello che, ho bisogno di crederlo, ciascuno di noi custodisce in cuor suo!

Come scriveva Stevenson nel suo romanzo "[...] l'uomo non è veracemente uno, ma veracemente due." Varrebbe la pena, per una volta, smussare gli spigoli di questa dualità, per non ferire chi ci è vicino, per non danneggiare nessuno, per non saccheggiare le speranze di chi crede, malgrado a volte le evidenze dimostrino il contrario, che l'essere umano abbia anche del buono nei reconditi anfratti del suo animo.

Alla prossima, stay tuned!


domenica 4 ottobre 2015

"Bisogna avere del caos dentro di sé per generare una stella danzante"

Sono giorni che non scrivo per non ammorbarvi con i miei pensieri; sono giorni che evito di misurarmi con la pagina bianca, per non dover fare i conti con me stessa; sono giorni che mi piacerebbe chiudermi in un armadio e, come nelle Cronache di Narnia, scoprire che esso è un portale per un mondo fantastico in cui alla fine il bene vince sul male.

Ma, sebbene ci abbia provato, con la scusa del cambio di stagione, l’armadio era, lo è tuttora, sempre e solo un luogo angusto e buio, in cui anche io da bambina mi nascondevo per giocare… ma il nascondermici ora non ha portato la stessa emozione, la stessa trepidazione dell’animo, che provavo quando, da piccola, richiudevo le sue ante lasciando fuori la realtà, con cui, già allora, andavo poco d’accordo.

Non saprei dirvi che cosa stia succedendo in me, una sorta di trasformazione, un bisogno di cambiamento, una gran voglia di rinascita e un desiderio di benessere che mi manca da troppo tempo; ogni giorno, uno dietro l’altro, è sempre uguale a se stesso: provo a modificarne l’andamento, a movimentare le cose, a rendere speciale la mia quotidianità, anche con piccole variazioni… ma, inevitabilmente, tutto sembra ripetersi con gli stessi schemi, con le stesse dinamiche, con le stesse inutili attività.

E allora mi domando se sia veramente questo vivere, se davvero ci affanniamo tanto per avere poi tanto poco. Allora mi domando se basti questo per essere felice, ed io non sia in grado di capirlo; se sia questo quello che chiamano “serenità”, se non ci sia dell’altro che ora non riesco a vedere perché alla ricerca di una me stessa che si deve essere cacciata chissà dove con l’ultimo trasloco.

Come avrete capito sono nel caos più totale, mi pongo mille domande e nel mentre cerco di iniziare a rispondere alle prime, già me ne faccio di altre. Nietzsche diceva che “Bisogna avere del caos dentro di sé per generare una stella danzante”… e allora che caos sia, se per raggiungere l’equilibrio interiore dovrò smontare e rimontare la mia vita ancora una volta! E allora che caos sia, se per godere di un vivere inimitabile, dovrò mettere in discussione ancora, nuovamente, tutto quello che ho costruito fino adesso! E allora che caos sia, se per distendere muscoli e nervi dovrò prima di tutto tenderli fino allo spasimo; e allora che caos sia, se tutto questo tribolare mi porterà alla fine un po’ di pace.

Fino ad oggi non ho mai smesso di tenere duro: problemi, avversità, momenti di sconforto, perdite, ferite, delusioni… tutte cose che mi hanno fiaccato l’animo e, paradossalmente, l’han reso più forte; fino ad oggi ho combattuto con un coltello fra i denti per tenermi stretto quel poco che avevo conquistato; fino adesso ho dato il massimo che potevo dare, senza mai domandarmi se fosse giusto o sbagliato… ma sapete cosa c’è? Che arrivata a questa età, ti domandi, inevitabilmente, fino a dove vuoi spingerti, ché non è più questione di volontà, ma di quanto di te stesso sei disposto a perdere pur di tenere insieme quella parvenza di equilibrio che hai, maldestramente, creato.


Ma, come ho già detto un’altra volta, non riesco a vivere con l’idea di affrontare un’esistenza fatta di niente di speciale, fatta di un ciclico ripetersi di eventi e situazioni sempre uguali a se stesse; fatta di poco e di persone da poco, che oggi ci sono e domani chissà… io  son certa di essere in grado di generare quella stella danzante di cui Nietzsche parlava… e allora che sia il caos e tutto quello che ne arriverà.