Ho davanti una vecchia carcassa: un vecchio, piccolo, minuscolo computer che -temporaneamente, spero- sostituisce il mio pc traumatizzato da una violenta colluttazione con la gatta killer. Un computer che conservavo come una reliquia, scrigno di tanti ricordi, vessillo di un'età lontana che fatico persino a collocare nella mia memoria, depositario di tanta bellezza legata ad un periodo dorato della mia esistenza.
Oggi è una giornata speciale, da segnare sul calendario direi: dopo 6 mesi di sacrifici, tensioni, insicurezze, piccole conquiste e momenti da rimuovere, ho finalmente raggiunto il mio obiettivo. Grande felicità, tanta euforia ed ora... lo sperdimento tipico di chi, raggiunta la prima meta, studia le carte per cercare di capire in che direzione andare.
Perché siamo strani noi esseri umani: non tiriamo mai il fiato! Abbiamo bisogno sempre di andare oltre, di guardare lontano, di sentirci in movimento: sospinti da una forza che ci conduce oltre il qui, oltre l'ora, mossi dalla nostra schizofrenica necessità di non mollare mai il timone per direzionare in maniera compulsiva ed ossessiva il nostro andare.
Siamo questo noi? Un insieme di andare, fare, disfare, conquistare e lottare continui?
Siamo questo noi? Un bisogno incessante di avere uno scopo, un obiettivo da raggiungere, un posto da trovare? Un posto dove poi? Un posto nel mondo, un posto nel lavoro, un posto nel cuore di qualcuno...
Mi accorgo come sia difficile staccarsi da questi meccanismi malati: pensi di esserci riuscita, di aver fatto il salto di qualità, di esserti elevata in qualche maniera da questo assurdo modo di vivere che abbiamo adottato noi occidentali... e poi, invece, ti rendi conto che ne sei schiava tanto quanto prima, forse solo, adesso, hai più consapevolezza e cerchi di mostrare noncuranza.
Poi, però, arriva una sera non proprio qualunque, una di quelle sere che avresti dovuto passare a festeggiare aspettando di vedere sorgere il sole e ti accorgi di tutto quello che non sei, che non fai, che non vivi, che non ami... troppo presa a conquistare un pezzettino di spazio in più su questa terra, troppo presa a rincorrere qualcosa di cui afferri a malapena i contorni.
E intanto i giorni passano, la vita scorre e con essa tutti gli sguardi che hai incontrato fino ad ora: sguardi su cui ti sei soffermata, sguardi che hai a malapena notato, sguardi che ti sono rimasti piantati nel profondo, sguardi che -per frazioni di secondo- ti hanno tolto il fiato... sguardi! Alla fine ti resta il ricordo di quegli sguardi che, se sarai fortunata, incontrerai ancora; diversamente rimarranno solo un ricordo sfumato da rinverdire all'occorrenza e rivivere meglio di come tu non lo abbia fatto realmente, a suo tempo.
Sono solo momenti di nostalgia mi hanno detto... Forse aveva davvero ragione Totò quando diceva che "la felicità è fatta da attimi di dimenticanza".
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