Quest’oggi mi sono
confrontata, in merito ai miei scritti, con una persona da me tenuta in gran
considerazione: una persona che stimo, che ammiro, che tuttavia conosco poco,
come poco lei conosce me, ma che per qualche oscura ragione è entrata fortuitamente nella mia vita e vi è rimasta. Una di quelle persone con cui si instaura un
dialogo profondo, una sorta di alchimia, di chimica dell’anima…
Ebbene, pur apprezzando
il mio stile, i miei testi, ha sentito la necessità di farmi un appunto e di
farmi notare che, forse, i miei messaggi, pur pregni di significato, dovrebbero
avere una portata più universale e meno personale.
Naturalmente ho pensato
molto a quanto mi ha detto e se sono qui a scriverne è perché la cosa non mi ha
lasciata indifferente, ma mi ha dato del materiale su cui lavorare. Forte della
sua profonda cultura mi ha fatto l’esempio di Proust, ma se la memoria non mi
inganna, il caro vecchio Marcel, nella sua Recherche, racconta la storia di una coscienza in
cerca della sua identità, e solo alla fine, dopo oltre tremila pagine, l’autore
scopre LA verità, e cioè scopre che nulla è realmente perduto, ma che in
qualche modo il passato si possa rivivere, a patto che il mondo ricreato sia un
mondo artistico, letterario, mistico, interiore, in cui tempo e memoria giocano
fra loro.
Ora, la mia sintesi del
La Recherche è assolutamente
riduttiva ed i più insorgeranno nel leggerla, ma ciò su cui vorrei soffermarmi
è la necessità, umana, di ciascuno, di dare una identità alla propria coscienza…
allora mi dico che i miei interrogativi, le mie riflessioni, le mie analisi del
tempo, dello spazio, delle occasioni, delle persone, per quanto soggettive e
fatte in base al mio punto di vista, alle mie esperienze, siano solo il primo
step di un lungo cammino che mi sono consapevolmente decisa a percorrere al fine di dare "un nome e un volto" alla mia coscienza.
Del resto, l’idea del
blog non è nata con lo scopo di impartire lezioni di vita: ognuno di noi, con i
suoi propri tempi, chi in un modo e chi in un altro, per capire deve fare esperienza
dell’esperibile… perché finché le cose te le raccontano, finché le cose le
leggi su una pagina, finché le cose non le vivi direttamente sulla tua pelle…
ecco quelle cose restano solo parole: belle magari, sensate a volte, poetiche,
a tratti amare, talvolta intrise di una speranza che è tipica di chi non vuole
arrendersi… ma comunque, sempre e solo, parole!
Quindi no! Non credo
che il mio blog dovrebbe cambiar pelle! Nelle cose che racconto scrivendo c’è
tanto di me, è vero! Ma perché è solo da me che posso partire… altrimenti, se
volessi dare un’impronta diversa a queste pagine, sarebbe come snaturarle e
snaturarmi. Se avessi voluto far lezione avrei chiesto una cattedra: ma sto
ancora imparando a viverla io la vita, una vita che tante volte prendo a morsi
e che altrettante volte morde me… come potrei dare un senso di universalità a
delle righe che sono, prima di ogni altra cosa, un'analisi delle mie
esperienze e del mio sentire? Come potrei trasformare in messaggi di una certa
portata questi flussi di coscienza che si riversano nel web come gocce in un
oceano di informazioni già esaustive e complete?
Ma come ogni goccia è
importante per creare quell’immensa distesa d’acqua, così queste pagine hanno
un senso per me che le scrivo e, spero, per voi che le leggete!
Alla prossima, stay
tuned!
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