venerdì 30 dicembre 2016

"Voglio vivere così... Col sole in fronte"











Un altro anno volge al termine:  bilanci, considerazioni, consuntivi… come per un’azienda consulti il “businnes plan” compilato lo scorso anno di questi tempi, spunti gli obiettivi raggiunti, sottolinei quelli che hai mancato, ti fai due conti, (s)ragioni su cosa è andato storto o poteva andare meglio, ti fai ancora altri due calcoli e pianifichi per l’anno nuovo…

No! Non è vero! Non è così che farò! In effetti, quest’anno qualcosa è andato diversamente da come avevo pianificato, non per mia volontà, non per altrui volere, solo per caso… ho avuto un incidente a ridosso di Natale, ho distrutto l’auto, mi sono fatta male, ho trascorso le mie feste in compagnia di un collare ortopedico, cortisone e antiinfiammatori, ho avuto e sto avendo tempo per riflettere su cosa sia andato storto, ringraziando l’Universo, Dio, o chi per  Lui, di essere ancora qui… ed una cosa è certa! La vita è troppo fugace per essere vissuta in maniera leggera e inconsapevole.

Non vi mollerò sul piatto il solito sermone su quanto sia preziosa la vita… ma sono  10 giorni che fatico ad accennare anche solo un sorriso, che la notte dormo poco e male, che cerco di ascoltarmi l’anima e mi sento solo le contratture, ma sono arrivata ad una conclusione: io non voglio passare il resto dei miei giorni a pianificare, programmare, stilare liste e ritrovarmi alla fine dell’anno con in mano una serie di punti a marcare ciò che ho fatto bene e ciò che ho fatto male! Se le cose non fossero andate bene, come tutto sommato sono andate,  io ora non sarei qui a scrivere, a raccontarmi…

Con questo non voglio dire che lascerò tutto al caso, ma che gli darò il giusto peso! Perché la terra non è così lieve come te la raccontano: quando ti vedi scivolare addosso una valanga, in un istante, pensi a tutte le cose che non hai vissuto, che avresti voluto fare, dire… pensi alle persone che non hai avuto il tempo di amare come vorresti, pensi alle mani che non hai mai più stretto, agli occhi che avresti voluto vedere ancora una volta… e il tutto avviene in infinitesimali frazioni di secondi, fra l’istante in cui sai ancora di esserci, quello in cui non sai se ci sarai più, e il momento in cui prendi consapevolezza di esserci ancora.

Quindi non vale la pena, alla fine dell’anno, angosciarsi per quello che avrei potuto fare meglio, non contano i punti accumulati sulla schedina che avevo compilato 12 mesi fa, non contano gli obiettivi raggiunti e quelli sfumati… conta però la determinazione che comunque ho avuto nel cercare di raggiungerli, conta l’entusiasmo con cui ho affrontato le mie piccole sfide quotidiane, conta quella incredibile pulsione a mettermi in gioco, sempre e malgrado tutto…
E conta, più di ogni altra cosa, l’aver imparato che le cose preziose per me  sono il sorriso sul volto di mio padre quando mi ha vista scendere dall'ambulanza ancora intera, l’abbraccio di mia madre quando mi ha vista tornare a casa, lo sguardo di mia sorella pieno di ansia e di apprensione, la mia famiglia tutta - che per quanto poco riesca a goderla - è la mia eredità di gioia… e gli amici, i colleghi, e tutto quello che mi circonda nella sua ineffabile bellezza e imperfezione.

Allora, in conclusione, per questo nuovo anno che è alle porte auguro a me stessa e a voi tutti un’unica cosa: VIVETE COSI’…. “COL SOLE IN FRONTE”! Tutto il resto è fuffa!

Buon Anno!


Alla prossima, stay tuned!!!

domenica 2 ottobre 2016

"La felicità è fatta di attimi di dimenticanza"




 Ho davanti una vecchia carcassa: un vecchio, piccolo, minuscolo computer che -temporaneamente, spero- sostituisce il mio pc traumatizzato da una violenta colluttazione con la gatta killer. Un computer che conservavo come una reliquia, scrigno di tanti ricordi, vessillo di un'età lontana che fatico persino a collocare nella mia memoria, depositario di tanta bellezza legata ad un periodo dorato della mia esistenza.

Oggi è una giornata speciale, da segnare sul calendario direi: dopo 6 mesi di sacrifici, tensioni, insicurezze, piccole conquiste e momenti da rimuovere, ho finalmente raggiunto il mio obiettivo. Grande felicità, tanta euforia ed ora... lo sperdimento tipico di chi, raggiunta la prima meta, studia le carte per cercare di capire in che direzione andare.

Perché siamo strani noi esseri umani: non tiriamo mai il fiato! Abbiamo bisogno sempre di andare oltre, di guardare lontano, di sentirci in movimento: sospinti da una forza che ci conduce oltre il qui, oltre l'ora, mossi dalla nostra schizofrenica necessità di non mollare mai il timone per direzionare in maniera compulsiva ed ossessiva il nostro andare.

Siamo questo noi? Un insieme di andare, fare, disfare, conquistare e lottare continui?
Siamo questo noi? Un bisogno incessante di avere uno scopo, un obiettivo da raggiungere, un posto da trovare? Un posto dove poi? Un posto nel mondo, un posto nel lavoro, un posto nel cuore di qualcuno...
Mi accorgo come sia difficile staccarsi da questi meccanismi malati: pensi di esserci riuscita, di aver fatto il salto di qualità, di esserti elevata in qualche maniera da questo assurdo modo di vivere che abbiamo adottato noi occidentali... e poi, invece, ti rendi conto che ne sei schiava tanto quanto prima, forse solo, adesso, hai più consapevolezza e cerchi di mostrare noncuranza.

Poi, però, arriva una sera non proprio qualunque, una di quelle sere che avresti dovuto passare a festeggiare aspettando di vedere sorgere il sole e ti accorgi di tutto quello che non sei, che non fai, che non vivi, che non ami... troppo presa a conquistare un pezzettino di spazio in più su questa terra, troppo presa a rincorrere qualcosa di cui afferri a malapena i contorni.

E intanto i giorni passano, la vita scorre e con essa tutti gli sguardi che hai incontrato fino ad ora: sguardi su cui ti sei soffermata, sguardi che hai a malapena notato, sguardi che ti sono rimasti piantati nel profondo, sguardi che -per frazioni di secondo- ti hanno tolto il fiato... sguardi! Alla fine ti resta il ricordo di quegli sguardi che, se sarai fortunata, incontrerai ancora; diversamente rimarranno solo un ricordo sfumato da rinverdire all'occorrenza e rivivere meglio di come tu non lo abbia fatto realmente, a suo tempo.

Sono solo momenti di nostalgia mi hanno detto... Forse aveva davvero ragione Totò quando diceva che "la felicità è fatta da attimi di dimenticanza".


lunedì 15 agosto 2016

Il tempo di posa è finito da un pezzo!




E’ strano ritrovarsi dopo tanto tempo di fronte ad un foglio bianco: strano ed eccitante come quando, dopo un lungo inverno passato a coprirsi con strati di indumenti, ti ritrovi in spiaggia, con addosso un costume da bagno e sulla pelle solo il calore del sole. Strano come quei risvegli improvvisi, nel cuore della notte, quando sei convinta che sia già ora di alzarsi e invece ti restano ancora molte ore di sonno; strano come guardarsi allo specchio e, per un attimo, non riconoscersi.

In questi mesi la mia vita ha fatto parecchi giri, ha cambiato senso di rotazione, ha iniziato a percorrere nuovi binari: non starò ad elencare le cose che mi sono capitate, le cose che sono cambiate o che io ho fatto in modo che cambiassero; non starò a raccontarvi delle battaglie quotidiane, soprattutto con me stessa, dei traguardi, delle piccole sconfitte, delle belle persone conosciute e di quelle meno belle che ho lasciato scivolassero via; non starò a fare il cosiddetto “punto della situazione”… Ma sono accadute tante cose e, certamente, ad oggi, non sono la stessa persona che qualche mese fa scriveva su questo blog.

Ho aperto cuore e mente e mi son lasciata coinvolgere dalla vita: ho permesso che le mie speranze divenissero sostanza e che, giorno dopo giorno, quello che avevo desiderato per me si facesse strada nel mio quotidiano. Mi sono resa consapevole dei piccoli miracoli che accadono ogni giorno, sotto i nostri occhi distratti, di fronte alle nostre menti ottenebrate da un’infinità di sciocchezze; ho imparato di nuovo a sorridere, un po’per spirito di sopravvivenza, un po’ per la bella energia che ho saputo cogliere da alcune persone attorno a me; ho compreso che siamo sempre noi a decidere per noi stessi, più o meno consapevolmente, e che dare la colpa agli altri quando le cose non vanno è solo un alibi che cerchiamo di procurarci per sfuggire al giudizio più severo: il nostro!

Mi sono scoperta una persona nuova, o forse quella che sono sempre stata e che un po’ avevo smarrito lungo i miei disordinati percorsi. Sicuramente un po’ più stanca, ma di quella stanchezza dolce, che a sera accarezza le membra e ti fa dire che un altro giorno non è passato invano. Sicuramente meno remissiva, perché ho abbandonato quella forma di religiosa accettazione delle persone e degli eventi, pretendendo il massimo da tutto e da tutti… in primis da me stessa. Sicuramente un po’ più libera… libera da condizionamenti e influenze esterne che stavano facendo di me la persona che non volevo essere.

Pensare, pensare molto, pensare sempre: usare la propria testa, non lasciarsi schiacciare da una realtà a tratti soverchiante; crearsi una via di fuga, trovarsi un’ancora di salvezza, trovarla in se stessi, darsi spazio, prendersi spazio e tempo, non abdicare a se stessi in favore dell’altro, anche se questo può causare dolore a volte, ma se non ti proteggi tu… chi lo farà?


Una piccola rivoluzione insomma! Fatti di salti nel vuoto, ruzzoloni, cadute in piedi, paracadute aperti per tempo o all’ultimo momento… una cosa è certa: mai stare fermi!!! Ché il tempo di posa è finito da un pezzo!!!


Alla prossima, stay tuned!!!

lunedì 25 aprile 2016

"Ma poi in fondo lo sai che, come sempre, basti a te stessa"




Capitano, poi, quelle sere in cui, malgrado il sonno e la stanchezza ti accarezzino gli occhi, proprio non ce la fai ad andare a dormire; e ti metti a pensare a riflettere, a fare e disfare considerazioni e ad analizzare momenti e situazioni.

In un mese ho di nuovo ribaltato tutto, cambiato modo di vivere, modificato abitudini e frequentazioni; mi sono rimessa in gioco, nuovamente in gara, nuovamente in corsa verso un traguardo che non so esattamente dove sia posto, correndo a perdifiato verso una meta tanto lontana, quanto tangibile, con un carico di dubbi e di insicurezze che un po’ zavorrano, ma che sono necessarie, forse, per non farsi prendere troppo dagli eventi.

Ho conosciuto persone nuove, meravigliose, ho visto luoghi che non conoscevo, respirato il mare sin dal risveglio e sognato un po’ guardandolo… A volte al mattino presto, altre al tramonto: in entrambe le situazioni i pensieri accarezzavano le onde e si perdevano nei flutti, lasciando dentro quel senso di infinito, che a volte inebria, altre smarrisce.

Ho iniziato un nuovo percorso, ho fatto un po’ di conti col passato, ho cestinato molto di ciò che è stato, altre cose le ho conservate gelosamente e altre sono in fase di revisione… come quegli oggetti di casa che non usi mai, ma di cui non vuoi disfarti perché… Di fatto non lo sai neanche tu perché, ma li tieni lì pensando che prima o poi, presto o tardi, ti serviranno e se non dovessero servirti… continuerai a spolverarli con la devozione di sempre.

E come mi sento adesso nemmeno saprei dirlo: foglia al vento, che galleggia nell’aria senza sapere bene quale sia la sua destinazione, senza sapere come si evolveranno le cose, dove mi porterà questo danzare libera, senza coreografie, sul palcoscenico della vita. Per ora chiudo gli occhi e respiro e domande cerco di non farmene… vivo giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, fra numeri ipotetici e numeri reali, fra autostrade che finiscono al mare e strade che riportano in città; fra monili e pietre preziose, in uno scivolare ritmico e cadenzato dal sonno alla veglia, senza soluzione di continuità.

Certo direi una bugia se non ammettessi che, a volte, certe situazioni, certe persone, certi momenti manchino… Ma se era il vuoto che esse dovevano lasciare dietro di sé, chi son io per non accettarlo?
Così, ad oggi, fra nuove avventure di cui ignoro i possibili risvolti, una gatta killer sempre più “schizzata” che è convinta che mi sia fatta un’altra famiglia e torni da lei a spot, e tanti chilometri in più sulle spalle, sorrido di quei sorrisi stanchi e un po’ tirati che si fanno quando, pur vedendo che ti manca tutto, sai di non aver bisogno di niente: ché l’unica ricchezza vera è quella che si ha dentro, anche se a volte ti sembra poca cosa, anche se a volte non ne capisci la grandezza, anche se a volte hai paura e vorresti chiedere aiuto, ma poi in fondo lo sai che, come sempre, basti a te stessa!

Alla prossima, stay tuned!!

martedì 29 marzo 2016

La roulette russa






I pensieri, in questi giorni si susseguono incalzanti; la mia mente è una macchina sempre in funzione, che non si dà tregua neanche per dormire... e mentre ieri sera guardavo la luna che ammiccava alla mia finestra, ho iniziato a pensare come, talvolta, le relazioni fra le persone somiglino ad una sorta di roulette russa. Si posiziona il proiettile nel tamburo del revolver, lo si fa girare e ci si passa la pistola premendo il grilletto a turno, tante volte va bene, ma c'è poi quell'unica volta in cui il proiettile esplode e qualcuno rimane ucciso. Il gioco finisce, si copre il corpo ancora caldo di vita, e si procede per la propria strada in un misto di sollievo e dispiacere... sollievo per aver chiuso i giochi, dispiacere (almeno credo) perché -in ogni caso- hai perso qualcuno.


Direi che come metafora dei rapporti umani sia abbastanza calzante: la leggerezza con cui ci si approccia ad essi somiglia a quella con cui ci si avvicina a un gioco, senza considerare che le persone con cui lo si sta iniziando non sono delle pedine inanimate, ma esseri senzienti. Se tutte le parti ne fossero consapevoli, il problema non sussisterebbe; esso sorge nel momento in cui una delle parti coinvolte nella partita, non è cosciente di star giocando.



In quel caso chi perde, chi becca il proiettile, resta davvero a terra e non sempre le ferite guariscono e si rimarginano tanto in fretta; ci vorrà del tempo e sarà difficile tornare a fidarsi, ed in ogni caso quando ci si avvicinerà a qualcuno, le cicatrici che ti porti dentro saranno sempre lì a ricordarti quanto possa essere letale credere a una persona.


Esperienze negative ne abbiamo fatte tutti nel corso degli anni, ma quelle che -a parer mio- sono più desolanti, sono quelle che fai in età adulta, quando credi che, ormai, le persone hai imparato a conoscerle e che non ti farai più trarre in inganno. 


Invece, inevitabilmente, succede che, forse per una fiducia innata nel genere umano, pensi di poterti fidare di nuovo perché le persone non son fatte tutte della stessa pasta... alcune, lo speri sempre, sono fatte "della stessa sostanza dei sogni" e sapranno portarti in alto in uno spazio siderale tutto vostro. Salvo poi lasciarti precipitare nel vuoto quando ritengano che il gioco gli sia venuto a noia. 


Non voglio fare generalizzazioni inique, perché davvero credo che possa esserci del buono in ciascuno di noi... ma come tutto ciò che ci circonda, abbiamo una natura duale, che si compone di un lato oscuro e uno luminoso; talvolta prevale l'uno, talvolta l'altro: dovremmo imparare invece a bilanciare le parti o a far prevalere la parte migliore.

Sarebbe bello se, per una volta, tutti si risplendesse del nostro lato luminoso; sarebbe bello, per una volta, accompagnarsi a qualcuno senza il timore che ci lascerà cadere nel vuoto; sarebbe bello sì, ma temo che sia solo un sogno ispirato da quella luna beffarda che ieri mi irrideva da lassù!

venerdì 25 marzo 2016

"L'Universo cospira perché la tua Leggenda Personale si compia"






Ne sono successe di cose in questi giorni: alcune molto belle, altre assolutamente tristi, altre ancora hanno inizialmente regalato una speranza, per poi dissolversi nell’aria, più tiepida di prima, ma ancora troppo fredda per riscaldare il cuore.

Ci sono stati momenti di gioia estrema, in cui ho sfiorato il cielo con entrambe le mani, di cui sono grata e che mi hanno arricchito a dismisura; altri momenti in cui tristezza e smarrimento l’hanno fatta da padrone, prendendo il sopravvento su tutte le mie certezze e sbaragliando quell’incantevole stato di buon umore in cui navigo a vele sospinte da un po’ di tempo in qua.

Ma credo che, nelle alterne vicende che questa vita ci mette davanti, ci sia sempre un potenziale di arricchimento che tante volte non riusciamo a vedere. Ci focalizziamo talmente tanto su ciò che è andato male, da non riuscire a capire che probabilmente quell’evento era funzionale alla nostra crescita interiore. Ci fissiamo, con accanimento quasi, su tutto quello che ci è sfuggito di mano, magari per un soffio, per una parola in più o in meno, per una leggerezza, da non riuscire a cogliere che, forse, quel dolore che adesso proviamo è  la chiave di volta di un problema che ci trasciniamo dietro da tempo.

Man mano che son passati gli anni, crescendo e vivendo esperienze fra le più disparate, mi sono resa conto che nulla avviene per caso; ho capito che tutto ha una sua logica, per quanto a volte possa sembrarci ambigua, e che – comunque vadano le cose – non si tratta mai del gioco beffardo della fortuna. Sempre e comunque porteremo con noi qualcosa: e saremo più forti, saremo più consapevoli, meno ingenui, magari con dei graffi sul cuore, ma non per questo meno capaci di amare; avremo con noi la forza data dall’esperienza e sapremo renderci conto in tempo di quando rischiamo di perdere il bene più prezioso: noi stessi.

E non si tratta di egoismo, ma di sapere quando è il momento di mettersi in salvo perché qualcosa, qualcuno, magari anche inconsapevolmente, sta minando il nostro equilibrio; non si tratta di voltare le spalle alle situazioni o alle persone, ma di non prestare il fianco a dei dolori gratuiti che ci possiamo benissimo risparmiare, a noi e agli altri. Non si tratta di non saper più dare… ma solo di non lasciare che chi, magari pur volendoci bene, si prenda tutto quello che siamo in un momento in cui non sa più dove lo sta portando il suo "andare" e cosa lo stia facendo diventare la sua trasformazione, senza capire che "ciò a cui resistiamo" ( un cambiamento che implica mettersi in discussione) "persiste", non regalandogli la pace che dovrebbe.


E così, anche se in questo preciso momento una quieta malinconia avvolge il mio sorriso, e quello che sento non si possa proprio definire serenità, tuttavia ho la certezza che questo stato di cose abbia un suo perché, avrà una sua risoluzione e mi sarà sicuramente necessario per capire e cogliere altro.

Quindi alla fine, per quanto a tratti lo smarrimento sia notevole e la domanda sulle ragioni di determinate situazioni sia, talvolta, ridondante nella mia mente, so che non sono cose fini a se stesse, che erano necessarie per me, e che – come dice Coelho – l’Universo cospira perché la mia Leggenda Personale si compia.


Alla prossima, stay tuned!!

domenica 13 marzo 2016

"I shin den shin - Da cuore a cuore"






E poi ci sono quelle notti in cui non c’è verso: non riesci a dormire! Ti giri e ti rigiri, ti racconti le fiabe della buonanotte che ascoltavi da bambino, pensi di addormentarti e poi… occhi spalancati nel buio della stanza e un flusso di coscienza che continua a scorrere incessante.

Ma capitemi: non sono pensieri che strozzano il fiato, non quelli che ci divorano dall'interno. Sono quel genere di pensieri che ti fanno vibrare di intenzioni, che ti strappano al sonno perché vorresti fosse già domani; sono quei pensieri che ti caricano di energie positive e di voglia di fare, vedere, conoscere, sperimentare! Un flusso di coscienza, che ti attraversa come scariche di elettricità, che ti fa guardare con occhi nuovi a te stesso, che ti fa sentire come pervaso di luce.

E vi assicuro che non faccio uso di stupefacenti! Semplicemente è così perché ho imparato ad ascoltarmi, perché ho scoperto che il mio sorriso è molto più in profondità rispetto a quello che potete vedere sul mio viso; ho scoperto quel patrimonio di felicità che mi porto dentro, che tutti abbiamo, ma che spesso lasciamo spegnersi come un fuoco che non viene più alimentato.

Non esiste una formula magica, non esiste un libretto di istruzioni: esistiamo noi ed il nostro potenziale di energia; esistiamo noi e la nostra fiamma vitale. E sebbene, a volte, essa sembri offuscarsi… in realtà, tenetelo presente, è solo un po’ di vento che ci sta soffiando sopra perché diventi ancora più grande.

Sono le 3.30 del mattino: il silenzio della città è, a tratti, surreale! Percepisco nitidamente il ticchettare dell’orologio a parete, il mio respiro, il rumore delle dita sulla tastiera… ed è qualcosa di meraviglioso godere di questi attimi in cui tutto il mio piccolo mondo dorme, ma io ho il privilegio di osservarlo e, in un certo senso, di goderne in maniera esclusiva.

E con la mente viaggio, accarezzo il viso di una persona cara, le sistemo le coperte, la abbraccio: uno di quegli abbracci “i shin den shin”, che nella pratica zen significa “da cuore a cuore”, che è qualcosa di più alto di un mero avvicinarsi di corpi e intrecciarsi di braccia… si tratta di un concetto più ampio, che nulla ha a che vedere con la fisicità terrena, un qualcosa di intimo e profondo che si condivide quando smettiamo di attaccarci ai nostri desideri, ai nostri rancori, ai nostri insoluti; quando insomma siamo pronti tanto a dare quanto a ricevere.


Credo si possa sintetizzare così la mia insonnia di questa notte: sto donando energia e ricevendo energia; sto donando amore e ricevendo amore; credo che sia questa l’essenza di questo flusso di pensieri e tutto ciò mi fa star bene… prendere coscienza delle cose corrisponde, penso, a un risveglio dell’anima. E adesso lo so: “la Conoscenza è un sentiero che ha un cuore”.

giovedì 10 marzo 2016

Quando i cattivi pensieri spengono un sorriso...






Nasce da un pensiero estemporaneo questo post, da una cena con una persona che sto imparando a conoscere, da riflessioni fulminee che mi hanno folgorata da un momento all'altro.
Nasce dall'esigenza di fare chiarezza, laddove, fino ad ora, chiarezza se ne è vista poca.
Nasce dal bisogno di capire, capire le persone e come le loro menti viaggino.

Dicevo di una cena, seduti tranquilli, a chiacchierare di nuvole e poesia, fra una risata e un pensiero serio... e poi d'un tratto, dal nulla, l'ilarità di chi hai di fronte si spegne, il sorriso svanisce, lo sguardo si rabbuia e tu, tu guardi questa sorta di trasfigurazione senza capire che cosa hai detto, fatto o anche solo pensato che possa aver urtato la sua sensibilità. Chiedi spiegazioni, "Brutti pensieri" ti dice, "E' meglio che vada" continua, e tu resti lì, fra l'incredulo e il rammaricato, a domandarti se non sia stato il troppo vino, o la tua cena etnica, ad aver causato tutto questo.

Scherzi a parte, ci son rimasta male ed è da questo mio stare male che nasce la riflessione: non sto a sindacare sulle ragioni, a me sconosciute, che han portato a questo stato di cose; la persona in questione, come ho detto, la sto imparando a conoscere, non conosco gli antefatti della sua vita, le esperienze che l'hanno portata ad essere chi è, i fantasmi con cui combatte... non conosco i suoi trascorsi, se non per qualche sporadico accenno di cui mi ha fatto dono, ma ci sono rimasta male.
Di quel male subdolo che si insinua sottopelle, e che ti lascia quel senso di amaro in fondo alla gola che, a distanza di 24 ore, ancora faccio fatica a mandar giù.

E naturalmente, cercando una spiegazione, la risposta è stata "Non mi va di parlarne!" e son rimasta con le mani in mano a guardare il silenzio farsi strada nei nostri cuori, la distanza mettere dei paletti ben piantati ai quattro lati, il vuoto costellare uno sguardo che fino a pochi istanti prima traboccava di vitalità ed entusiasmo.
E allora mi domando... cos'è che all'improvviso fa passare un individuo "x", dalla serenità - quanto meno apparente - al dolore, profondo come un sospiro, che ho potuto scorgere in quegli occhi? Come può mutare, in un battito di ciglia, il colore di un'animo? Cos'è che trasforma la frequenza di quelle vibrazioni, che pochi secondi prima erano così positive e in risonanza con le mie?

Ohibò, forse dovrei chiederlo al diretto interessato, ma ci sono cose che - malgrado si creda nella complicità come elemento fondante di qualsiasi genere di rapporto - non si ha il coraggio, la voglia, la forza o anche solo il desiderio di esternare, come se il farlo potesse generare una falla nel nostro sistema, come se il farlo potesse in qualche modo intaccarci.

Ad oggi, con un minimo di esperienza e con tanta ancora da fare, so che non è così che si esorcizzano i fantasmi di dentro; ad oggi so che chiudersi a riccio e rifuggire il confronto, porta solo ad ingigantire i problemi  e a farli diventare ingestibili; ad oggi, non senza averne fatte le spese in prima persona, so che i "non detti", i "taciuti", i "nascosti", sono il miglior modo per vivere a metà, lasciando che il passato continui a condizionare il nostro presente. Ad oggi, senza alcuna presunzione, ma anzi , con l'umiltà di chi ha sbagliato tanto ed è caduta innumerevoli volte, vorrei poter regalare quel po' che so e che ho appreso nel tempo a chi ancora determinate cose non le ha colte: ma forse ciascuno deve necessariamente fare il proprio cammino ed io posso solo restare a guardare.

Del resto la vita fa il suo corso e, come all'Università, gli esami li devi sostenere se vuoi andare avanti; tuttavia, se qualcuno quell'esame lo ha già dato, non c'è nulla di male a chiedere un consiglio e un supporto per poterlo superare in maniera brillante. Vorrei far capire questo a quella persona, vorrei trasmettergli la serenità necessaria per affrontare quei "brutti pensieri" di cui sopra... ché talvolta basta davvero tanto poco per ridimensionare un problema che, se reiterato nel tempo, si rafforza e cresce, diventando davvero insormontabile. 

Come ho scritto in un altro post è un'utopia pensare di aiutare chi non vuol essere aiutato, ma se hai a cuore qualcuno la logica e la razionalità perdono un po' di mordente e allora, tramite queste righe lanciate nell'etere, voglio solo far sapere a questa persona che io ci sono per lei e che nessun cattivo pensiero, nessun problema, nessun dolore che dal passato ritorna a volte con ferocia, ha il diritto di spegnere quel sorriso pulsante di vita, e che - talvolta - affrontare le cose in due può essere la carta vincente per superare tutto. 

Alla prossima, stay tuned!!

mercoledì 2 marzo 2016

"Bilancio nel vuoto..."





E ti ritrovi, una sera come tante, a bere un po' di vino e a contar le stelle: quelle che si sono spente e quelle che si sono accese nella tua vita. Conti le conquiste, le vittorie, i salti nel vuoto e le relative cadute... Conti gli anni trascorsi, conti i sorrisi dispensati e quelli ricevuti e noti come sia netta la disparità fra i due.

Conti le notti che hai sognato e quelle in cui non hai dormito, conti le cose mormorate e che avresti voluto - e forse dovuto - urlare e le cose che hai urlato e sarebbe stato meglio tacere. 
Conti i giorni di dolore che hai avuto e conti quei momenti di sorprendente felicità che mai avresti pensato di vivere.

Conti le amicizie, quelle vere e quelle che lasciano il tempo che trovano; conti gli amori, quelli che ti hanno dato tanto e quelli che ti hanno tolto troppo... conti le volte in cui hai chiuso porte e quelle, invece, in cui le hai aperte. Conti i passi su cui sei tornata in tante occasioni e conti quelli su cui non sei tornata mai.

Conti i sogni nel cassetto e quelli realizzati. Conti i conti che non tornano e i nodi che son venuti al pettine. Conti i graffi sul cuore e le prime righe sul viso; conti le speranze, le voglie e i desideri; conti le delusioni e le sorprese e conti i secondi che ci sono in un minuto.

Conti le cose e le persone di cui hai imparato a fare a meno nel tempo e conti quelle di cui non potrai fare a meno mai. Conti le volte che hai mal riposto la tua fiducia e conti quelle in cui, dato un giudizio, ti sei dovuta ricredere. Conti le volte in cui il mare ti è stato di conforto e le volte in cui, invece, vederlo ti ha solo svuotata dentro. 

Conti i coriandoli che hai lanciato da bambina e conti quelli che - con noncuranza - hai calpestato da adulta. Conti le penne che hai consumato, le pagine scritte e quelle che hai strappato; conti i treni e gli aerei che hai preso, conti i km che hai percorso, conti gli scatoloni che hai chiuso, quelli che hai aperto e quelli che - già sai - richiuderai.

E continui a contare fino a farti sanguinar le dita, per mettere ordine ti dici, ché i numeri hanno un che di perfetto e in qualche modo danno sicurezza. 
E alla fine, dopo aver dato un numero a tutto... ti accorgi che non sei né più ricca, né più povera... forse solo un po' più stanca.

Alla prossima, stay tuned!

lunedì 22 febbraio 2016

La pelle del serpente







E' passato davvero un sacco di tempo dalla mia ultima pubblicazione. Ma, sapete, talvolta è necessario estraniarsi per dar spazio alle cose di dentro: come nel succedersi ciclico delle stagioni, sembra che tutto resti fermo ed invece, da un giorno all'altro, le ultime vecchie foglie si staccano e compaiono le prime gemme, che vengon fuori prima di tutto da un calore di dentro, poi aiutate dalla mitezza del clima esterno.

Così vecchie foglie sono cadute... quelle che restano attaccate fino all'ultimo, che fino alla fine si ostinano a succhiare linfa, sebbene oramai non abbia più senso; nuove foglie stanno preparandosi alla primavera ed è tutto un lavorio, un fermento di attività, di pensieri, di vita... 
Perché succede! Credete a me! Succede che una mattina ci si svegli e nel letto si ritrovi la propria vecchia pelle, una pelle che non ci appartiene più, che quasi non riconosciamo, sebbene ci abbia accompagnato per diverso tempo; una pelle che non è più la nostra e stentiamo a riconoscere; una pelle che guardiamo con tenerezza, perché ci fa sorridere l'idea di quanto potevamo sembrare goffi con addosso quel vestito così grande, così vecchio, così liso...

E quando succede, non capita per caso... hai fatto un percorso, ti sei messo in discussione, ti sei fatto male a volte, ed altre sei riuscito pure a volare alto; hai avuto paura e magari ti sei sentito smarrito... Ma poi, dopo mille traversie, senti che la metamorfosi è avvenuta, che tu sei diverso; che il tuo bagaglio è più pesante, ma tu sei più forte e non ne senti il peso; senti che hai polmoni più grandi per respirare meglio, mente più aperta per capire di più, cuore sgombero per accogliere, ma ricco per donare... e capita credetemi! Capita a tutti se ci si sa ascoltare!

E' che, a volte, il cambiamento fa paura, ed anzi proprio in proposito leggevo una storia giorni fa, di uno scrittore che, discutendo col proprio editore in merito al titolo da dare al libro in uscita, venne redarguito perché era controprudecente inserire in esso il termine "cambiamento"... perché, continuava lo scrittore, la paura del cambiamento è una delle più radicate e potenti nell'essere umano. 

Forse è vero: mettersi in gioco, riconsiderarsi, riconsiderare la propria vita, cambiare la propria scala di valori e di bisogni, spogliarsi dell'abitudine... sono tutte cose che avvengono non senza pagare un prezzo salato in termini di impegno ed energie...
Ma è pur vero che tutto muta attorno a noi e, spesso, restiamo immobili a guardare il mondo che cambia, la natura che si modifica, la vita che passa... senza variare di una virgola ciò che riguarda noi e il nostro personalissimo universo! E' da qui che nasce il malessere interiore credo, dalla resistenza, cieca e sorda, al cambiamento.

Allora guardiamoci dentro più spesso; sintonizziamoci su noi stessi; cerchiamo di liberarci dai fili, a volte catene, che ci ancorano ad un passato che non ci appartiene più, ad un "Io" che non è più il nostro, ad un "Ego" prepotente e furioso che non lascia spazio alla discussione.
Allora spieghiamo le ali ed andiamo incontro a questa nuova primavera: un momento di rinascita, di rinascita della natura e di rinascita del nostro Spirito.


Alla prossima, stay tuned!

giovedì 7 gennaio 2016

Il Piccolo Principe





In questi ultimi quattro giorni ho visto, al cinema, “Il Piccolo Principe” per ben due volte, e non escludo di rivederlo una terza… ho fatto così un salto nel passato, a quando lo lessi per la prima volta; ho ripensato a chi mi regalò il libro, una persona che fa ancora parte della mia vita, anche se ci sentiamo di rado, ma con la quale c’è un contatto di cuore continuo, perché ci siamo “addomesticate” a vicenda.
L’ho visto con due persone diverse, in momenti e luoghi differenti: persone nelle quali sono "inciampata" per puro caso, ma con cui è stato chiaro, fin da subito, che “l’essenziale è invisibile agli occhi” e con le quali guardare le stelle è come sentire “tanti sonagli che sanno ridere”.

Una storia che tocca le corde dell’animo, che ci ricorda che si può esser soli anche in mezzo agli uomini e non soltanto se ci si trova nel deserto, luogo desolato per antonomasia, ma che esso – a prescindere da tutto – è un luogo magico, in cui “Ti siedi su una duna. Non vedi niente. Non senti niente. E tuttavia qualcosa brilla in silenzio…” e poi, ciò che lo rende bello è “che da qualche parte nasconde un pozzo” che quando viene svegliato “canta”.

Una storia che parla a quel bambino che spesso dimentichiamo di essere stati, e che parla agli adulti che siamo, raccontando – con la semplicità di una fiaba – ciò che spesso perdiamo di vista fagocitati dai ritmi rutilanti delle nostre vite, divise fra lavoro e impegni di ogni tipo.

Una storia che ci ricorda il valore dei rapporti umani, delle amicizie, dell’amore… cose che spesso ci sfuggono di mano, di cui non capiamo l’essenza e l’importanza se non quando sperimentiamo il dolore della separazione, così come è stato per il Piccolo Principe con la sua rosa, e da cui lui ha avuto il coraggio di tornare abbandonando il suo involucro esterno, uscendo da sé o, per meglio dire, diventando altro da sé… questa importante lezione gli viene trasmessa dalla volpe che gli ricorda che sì, “a farsi addomesticare c’è il rischio di piangere un po’”, ma che una volta fatto la vita “verrà inondata di luce”.

Una storia che mi ha strappato più di una lacrima, sia quando l’ho letta, sia vedendola proiettata su uno schermo, fiaba nella fiaba; una storia che mi ha commossa e fatto pensare al “colore del grano”, al tempo dedicato e a quello ricevuto; una storia che mi ha ricordato l’incommensurabile valore delle mie rose, la cui bellezza “è invisibile agli occhi” perché “non si vede bene che col cuore”; una storia che mi ha rammentato quanto sia più facile giudicare gli altri anziché se stessi e che mi ha ricordato che “le stelle brillano perché ciascuno possa ritrovare la sua”.

Così, dopo averci pensato un po’, mi sono resa conto che in me, in ciascuno di noi, c’è una rosa amata dal Piccolo Principe; c’è un Piccolo Principe che impara ad addomesticare una volpe; c’è una volpe che vuole imparare a fidarsi di qualcuno, a costo di piangere un po’… sono tutte cose che appartengono al nostro lato umano, cose che ci rendono speciali, cose che arricchiscono le nostre vite: tutto ciò che dobbiamo fare è non dimenticarne mai il valore e l’importanza, così da non rendere necessario un distacco per coglierne la reale essenza e profondità. 
E’ davvero, davvero assurdo che per capire di amare una rosa che sta su una stella, sia necessario guardarla dalla terra!


Alla prossima, stay tuned!