domenica 30 agosto 2015

"Il cuore rallenta, la testa cammina..."

Chiedo scusa per il silenzio, ma non è dipeso da me… un piccolo incidente mi ha creato dei problemi e, come se non bastasse, una serie di tempeste emotive hanno fatto il resto.

Cerco sempre di non farmi abbattere dai problemi: credetemi! Ne ho avuti tanti in passato, alcuni anche di non lieve entità, ma alla fine, vuoi per forza d’animo, vuoi perché la voglia di risorgere dalle mie proprie ceneri, come l’araba fenice, è sempre più forte del dolore che mi attanaglia il petto e mi blocca il respiro, ne sono sempre venuta fuori, a volte da sola, a volte con il preziosissimo supporto delle persone che mi erano vicine.
Io credo che la ricchezza più grande che possediamo siamo noi stessi; ma credo anche che quel noi stessi si vivifichi e si rafforzi attraverso gli altri! Non esiste cosa che non siamo in grado di affrontare; anche quando le forze sembrano abbandonarci e lì per lì ci sembra che tutto sia perduto, in realtà stiamo solo riprendendo fiato per ricominciare la corsa. A volte capita che si riparta a rilento, altre sembriamo delle schegge impazzite: ma in ogni caso stiamo ripartendo, ed è quello che conta!

Poi ci sono dei casi in cui, per quanto impegno una ci metta per ricostruirsi, sembra che tutto remi contro! Dal lavoro ai rapporti personali, sembra che tutto vada storto e che l’unica soluzione sia rimettere la propria vita in una valigia e ripartire verso un altrove che non sai.
Ed in effetti è quello che sto pensando di fare: quando metti su una bilancia le ragioni per restare e quelle per andartene e vedi, ancora una volta, che quelle per andartene pesano di più… ti rendi conto che – alla fin fine – hai aspettato pure troppo per prendere la decisione. “Avevo le mie ragioni” ti dici, ma sai che è una balla che ti racconti per giustificare tutto il tempo che hai perso dietro a sogni e fantasie che non avevano nessunissima ragion d’essere, se non nel tuo immaginario.

E così ci si rimette in cammino, alla ricerca di quella serenità che negli anni ho continuamente sfiorato, ma mai posseduto realmente. Ci si rimette in cammino con la speranza di costruirsi qualcosa di più, perché una vita fatta di niente di speciale è preferibile lasciarla a chi si accontenta di poco, ma certamente non fa per me. Ci si rimette in cammino con delle nuove ferite sul cuore e sull'anima, ma con la consapevolezza che oggi siamo più ricchi non per quello che abbiamo ricevuto, ma per quanto siamo stati in grado di dare. Ci si rimette in cammino con la speranza che il nuovo ci risvegli dal torpore emotivo in cui ci siamo volutamente immersi per soffrire meno, perché, ahimè, il modo per non soffrire proprio io ancora non lo conosco.

So di persone che pur di non stare male, di non soffrire appunto, preferiscono chiudersi a riccio e guardare il mondo da un oblò, come diceva una vecchia canzone… ma questo per me equivale a non vivere, o a vivere a metà. Preferisco procurarmi qualche contusione sul cuore, ma avere la certezza di non avere nessun rimpianto, di aver goduto a piene mani di tutto ciò che mi è stato dato o che mi son conquistata, con fatica e dedizione, di aver saputo, un volta ancora, meravigliarmi di un tramonto e ballare sotto la pioggia. Ogni cosa e ogni persona che sia passata per la mia pazza vita, equivale per me a un tassello del mio mosaico, quel mosaico che mi rappresenta e mi rende la persona che sono; ogni cosa e ogni persona che ho trovato sul mio cammino, che abbiano lasciato ricordi positivi o negativi, la considererò sempre un valore aggiunto, per quel che mi ha donato o per quello che mi ha tolto: in ogni caso mi avrà reso migliore!


Ed ora, che è arrivato il momento di far fagotto, mi congedo da questi luoghi in cerca della mia casa… ché la casa dicono sia dove sta il cuore, ma il mio cuore è un esule, e a me non resta che seguirlo. 

Alla prossima, stay tuned!

giovedì 27 agosto 2015

Quando le provi tutte, ma...

E' uno di quei giorni in cui fisso la pagina bianca e non ci vedo nulla. Sarà il temporale imminente, sarà il pranzo a base di quinoa (non chiedetemi cos'è, so solo che è commestibile), sarà il pensiero che un'altra estate volge al termine... ma va così!
Persino la gatta assassina risente del tempo e, da sta mattina ad ora, neanche un piccolo agguato alle caviglie.

Ho persino provato a fare il gioco della felicità, ma affacciata alla finestra, ciò che ho visto, neanche con un estremo sforzo di fantasia, avrebbe potuto mutare il suo aspetto.
Così mi sono seduta qui in soggiorno e mi sono detta... ora lo racconto a tutti quanti che è una giornata un po' spenta, di quelle che ti metti in cucina e prepari un dolce che non mangerai, ma intanto lo hai fatto e il vederlo in frigorifero un po' ti rassicura.
Ora lo dico a tutti che mi sento un po' capovolta, come a dire che sto camminando sulla testa e per questo la sento un po' schiacciata.
E così, mentre la gatta continua a masticare il filo del mouse come se non ci fosse un domani, io mi domando che cosa ci sia che non va e soprattutto perché!

L'altro giorno, chiacchierando con una persona a me molto vicina, siamo arrivati alla conclusione che il primo passo per essere felici è non prendersi troppo sul serio... e vi assicuro che è una sacrosanta verità: ma, certe volte capita, che per quanto ci si sforzi, si ottiene l'esatto opposto. Non so bene quali siano le dinamiche che concorrono a rendere complicato questo processo, ma tant'è! Ed oggi, per quanto cerchi di sdrammatizzare questa sensazione un po' opprimente, mi sembra di non riuscire a venirne fuori!

Credetemi! Le sto provando tutte: ho fatto il dolce, la maschera al viso, poi quella ai capelli... ho guardato un paio di episodi di Will e Grace, ho mangiato del cibo spazzatura (perché la quinoa sarà anche salutare, ma non è che ti dia tutte 'ste soddisfazioni), ho dormito, ho letto, ho provato a fare yoga per rilassarmi, poi zazen, ma senza campane tibetane non mi riusciva di concentrarmi...

Ho provato a seguire una di quelle tecniche di rilassamento che si trovano su youtube, con quelle suadenti voci guida sulle note di qualche pezzo new age che ti accompagnano in un percorso quasi metafisico, e dopo un po' nella mia mente mi sono vista con un fucile in mano nel tentativo di mettere a tacere tutti quegli uccellini cinguettanti di cui era infarcita la musica...

Allora ho provato con l'uncinetto, il punto a croce, il solitario con le carte; ho fatto un bagno rilassante con i sali, le candele accese e la musica rilassante di sottofondo, questa volta senza pennuti starnazzanti; ho messo le gambe per aria e iniziato a respirare secondo delle tecniche per combattere gli stati ansiosi, ma mi sembrava di essere al corso preparto e ho abbandonato; ho fatto una passeggiata sotto la pioggia e cantato Singing in the Rain, ma più che Debby Reynolds, mi sentivo una perfetta idiota...

Insomma... un disastro! Quindi nel tentativo di arginare questa situazione che si costituisce di mille sensazioni negative... che cosa mi consigliate di fare?

Alla prossima, stay tuned!



mercoledì 26 agosto 2015

Magicabula bidibi bodibi bu

Leggevo poco fa un articolo, su una nota rivista di diffusione scientifica, che descriveva con entusiasmo come un architetto newyorkese , fervente sostenitore del design ecosostenibile e del lusso a impatto zero, sia riuscito -in soli 37 mq - a farci stare ben 8 stanze, grazie a un sofisticato sistema di pareti e mobili a scomparsa.
L'articolo, corredato di foto, mostrava questo microloft (così lo definiva il giornalista), fatto praticamente a matrioska, dove ogni cosa era contenuta in un'altra e, tirando di qua, ribaltando di là... magicabula bidibii bodibi bu... si trasformava da camera da letto a sala da pranzo con 12 coperti, piuttosto che in un cinema con schermo da 70 pollici e via dicendo...

Negli anni in cui viaggiavo sovente per lavoro, mi sono trovata a vivere, per circa un anno, nella splendida cornice di Milano. Per una questione di comodità, la mia scelta ricadde su di una zona estremamente centrale, la multietnica e quanto mai variegata Porta Romana. Quello che nell'articolo viene definito microloft, all'epoca qui in Italia si chiamava semplicemente monolocale e, considerando il costo dell'affitto, che per 22 mq era di ben 650 euro ( e si parla di circa 6 anni fa) l'impatto, almeno sulle mie tasche, era tutt'altro che a zero.

L'entusiasmo, tipicamente americano, con cui l'architetto descriveva il suo appartamento, è di gran lunga inferiore all'entusiasmo con cui l'agente immobiliare seppe convincermi che quella era la soluzione giusta per le mie esigenze. Partimmo insieme dall'agenzia e, nel tragitto fatto a piedi perché appartamento e agenzia erano abbastanza vicini, l'agente iniziò subito a elencarmi le numerose qualità e caratteristiche che rendevano l'appartamento una sintesi ( e già sul termine sintesi avrei dovuto riflettere) di funzionalità e comfort.
Entrammo nel portone, "antico e signorile" come sottolineò prontamente l'agente che per comodità chiameremo Tarcisio, e mi si parò davanti la tipica struttura delle case di ringhiera milanesi.
Per chi non lo sapesse, le case di ringhiera sono delle case popolari, costruite fino ai primi decenni del '900, in cui si accede ai vari appartamenti dello stesso piano attraverso un ballatoio che corre lungo la facciata interna. Là dove ristrutturazioni consapevoli e dispendiose sono intervenute, possono essere davvero belle e caratteristiche: tuttavia non era quello il caso! L'aspetto era abbastanza deprimente, ma Tarcisio dirottò la mia attenzione sul modernissimo (!!!) ascensore  che mi permetteva di raggiungere il mio quinto piano anche con le borse della spesa, senza fare la minima fatica.

Arrivati davanti alla porta di ingresso, blindata, solida e robusta, Tarcisio inserì la chiave nella toppa e, siccome la porta era blindata, solida e robusta dovette accompagnare l'apertura con un'energica spallata per poterla spalancare.
A questo punto vorrei dire all'architetto newyorkese che non si è inventato niente: che in quei 22 mq era tutto a scomparsa e che, magicabula bidibii bodibi bu...aprivi un armadietto e compariva una "funzionalissima" cucina; magicabula bidibi bodibi bu... ne aprivi un altro e c'era la lavatrice; il tavolo nascosto nella parete, il letto che si trasformava in divano, che diventava poltrona, che poi è stato eliminato perché l'ultimo inquilino, non voglio sapere come, ne aveva sfondato le molle... il bagno, era provvisto di tutto il necessaire, scaldabagno che perdeva compreso e che causò in un gennaio nevoso, un cortocircuito come nessun altro nella storia.
Inoltre anche quel monolocale era decisamente rispettoso dell'ambiente: il riscaldamento, ad esempio, si costituiva di un minuscolo termoconvettore che funzionava metà a gas e metà elettricamente, che non riscaldava un piffero, e che, nel gennaio nevoso di cui sopra, a causa del cortocircuito, smise del tutto di funzionare.

Per rendervi meglio l'idea... ve lo ricordate Renato Pozzetto nel film " Il Ragazzo di Campagna", quando va a vivere nel moderno monolocale a Milano? Ecco! Il mio era un po' meno moderno, ma la situazione era molto simile!

Quindi, il succo di questo discorso è che gli americani pensano sempre di aver inventato chissà che cosa, di aver fatto chissà quali scoperte e di aver portato chissà quale grande contributo alla comunità, quando invece non c'è nulla di nuovo sotto il sole che qui in Italia non abbiamo già sperimentato... ed ora perdonatemi, ma... magicabula bidibi bodibi bu... devo andare a togliere i panni dal forno che oramai saranno asciutti!

Alla prossima, stay tuned!





martedì 25 agosto 2015

Un'amara considerazione

Il mio post di quest'oggi osserva un minuto di silenzio, non per rispetto nei confronti di qualcuno che se n'è andato, ma per rispetto nei confronti della libertà di espressione che talvolta viene imbrigliata in schemi e in timori che andrebbero estirpati.

Ieri ho vissuto situazioni ai limiti del reale, che a raccontarle così, ve lo assicuro, vi farebbero tenere la pancia dalle risate, ed infatti avevo scritto a riguardo un pezzo che, a parer mio, ha dell'esilarante... Tuttavia onde evitare di ritrovarmi a vivere sotto scorta, eviterò di pubblicarlo come mi è stato consigliato da chi certe dinamiche le conosce e le comprende più di me.
Anzi, a dirla tutta, io non le comprendo affatto e faccio fatica a piegarmi a questo genere di cose.
Ma se per la tranquillità di tutti è meglio così, mi atterrò a queste regole sociali, non condivise ma, mio malgrado, accettate.

Non è facile vivere in un territorio fatto da una serie di leggi e codici non scritti, ma di pubblico dominio... io, forse, non mi ci abituerò mai e continuerò ad arrabbiarmi e a dissentire, manifestando il mio disgusto e il mio disappunto con i pochi mezzi che ho a disposizione.
Credevo che scrivere un blog di considerazioni e riflessioni personali sulla realtà osservata, fosse qualcosa di assolutamente semplice e immediato; credevo che riflettere e indurre a riflettere su ciò che di quotidiano viviamo, attraverso l'ironia, il sarcasmo, talvolta persino la causticità, fosse un modo "lieve" di affrontare discorsi, a volte anche importanti, con leggerezza ed umorismo.
Ma, ahimè, questo non sempre è possibile e, a pochi giorni di vita dalla nascita di queste pagine, è già la seconda volta che mi scontro con la necessità di mitigare il racconto della verità, se non addirittura -come in questo caso- di insabbiarla proprio.

Sì perché, sebbene a volte tenda ad esagerare magari con i termini di paragone che uso, tutto ciò che scrivo, tutto ciò che racconto, tutto ciò che dico, ha un unico comune denominatore: la realtà dei fatti e la loro inconfutabile verità.
Da piccola mi hanno insegnato che dire il vero, essere onesti e sinceri, alla fine paga sempre: forse bisognerebbe insegnare ai bambini che, a volte, delle piccole bugie sono meno dannose delle grandi verità di cui abbiamo fatto esperienza e che, da un certo punto in poi, ci appartengono. Ma la verità tante volte fa male, tante altre è scomoda e ingombrante ed allora, mi hanno spiegato, è meglio tacerla o edulcorarla, che raccontarla per quella che è.

Oggi quindi nessun racconto semi serio, nessuna storia divertente, nessuna parodia della realtà, nessuna descrizione dei tipi umani che popolano le mie giornate e le vostre.
Solo questa breve considerazione accompagnata dal sorriso amaro di chi, a 33 anni, ha scoperto che non sempre è possibile essere fedeli a se stessi.

Alla prossima, stay tuned!

lunedì 24 agosto 2015

Tutti in coda appassionatamente

Serata con amici… che si fa, che non si fa… dopo una serie di ipotesi vagliate, escluse, valutate e rivalutate, si decide – mio malgrado – di andare a ballare. Certe volte mi domando perché debba esserci una democrazia anche in questi casi, quando un sano dispotismo che imponga il mio volere, quanto meno per anzianità, sarebbe la soluzione migliore. In ogni caso alla fine capitolo visto l’entusiasmo degli altri componenti del gruppo e partiamo alla volta di questa “serata disco” (e tunz e tunz e tunz… prendete nota che questa dovrebbe essere la colonna sonora con cui accompagnare la lettura del post).

L’avventura inizia già quando si arriva in prossimità del luogo, con un’interminabile coda per trovare il parcheggio; chiamati a raccolta in aiuto tutti gli dei pagani che vi vengono in mente, riusciamo a mollare le auto e a dirigerci, con le migliori intenzioni, verso l’ingresso.

Altra coda interminabile per entrare: fra liste e mica liste, privé e mica privé, tesserati e non tesserati… quando riesci a varcare la soglia ti sembra quasi una conquista, tale da inserirla di diritto nel tuo curriculum vitae come nota di merito.

Se malauguratamente, avendo trascorso un tempo non quantificabile ad aspettare, la natura fa il suo corso e senti la necessità di espletare un bisogno fisiologico… rassegnati! Metà della serata la passerai davanti alla porta del bagno… poi si sa, le donne vanno sempre in bagno in coppia, per cui se anche tu non ravvisassi la necessità di farla, ma la tua amica sì… resti lì, di fronte a quella porta maleodorante, a guardare la tua vita che passa mentre tu aspetti di andare in bagno e in tutto questo non dimenticate mai l’assordante e tunz e tunz e tunz!

Ora, finalmente, può cominciare la serata, ma prima di buttarsi in pista, l’ultima fatica… prendere da bere: e che ve lo dico a fare? C’è da mettersi in fila, pure là… e mentre sono in coda inizio a guardarmi attorno e ad analizzare la fauna che popola quel luogo! Di solito ammiro chi osa nel vestire e se ne frega di tendenze, forma fisica e diktat modaioli, ma vi giuro! Io ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare!!! Ve la ricordate l’elegante sobrietà che caratterizzava i costumi e i personaggi del Rocky Horror Picture Show??? Ecco! Era niente al confronto di ciò che si aggirava là indisturbato, l’altra sera.

Dopo lo shock dovuto al rendermi conto che con il mio abitino, per quanto grazioso e in perfetta sintonia con il mio stile, là dentro sembravo Maria Montessori versione grunge, ma sempre Maria Montessori, devo ammettere di essere rimasta piuttosto spaesata, tanto da cercare un’altra coda dietro cui mettermi in fila, anche se non c’era più niente per cui mettersi ad aspettare.

Va beh, poi la serata ha fatto il suo corso… c’è stato chi si è divertito e chi meno, chi ha ballato e chi no, chi ha buttato le basi per avviare uno studio antropologico sugli usi e i costumi del popolo della notte, chi ha chiamato uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale per ragionare con uno specialista sulle dinamiche che si sviluppano in questi contesti e chi da oggi è in terapia per superare il trauma di aver visto Maria Montessori che, con uno Japan Ice in mano, cercava di diffondere il suo metodo educativo … ma alla fin fine siamo stati bene: l’importante era stare insieme, in coda per qualcosa, ma tutti insieme (e tunz e tunz e tunz) !!!


Alla prossima, stay tuned!

domenica 23 agosto 2015

Letture da spiaggia: si salvi chi può!!!

L’altra mattina ero spiaggia e mi dedicavo alla classica lettura da ombrellone: una rivista femminile che fra le varie diete dimagranti, disintossicanti, energizzanti, anti età, anti stress, anti zanzare, pubblicava un articolo in cui dispensava consigli alle lettrici su come sedurre un uomo…

Già questo lo trovo di per sé abbastanza deprimente, ma ancora più tristi erano i suggerimenti che proponeva e che dava in consegna alle signore donne con la stessa solennità con cui vennero consegnate le Tavole dei Comandamenti a Mosè sul monte Sinai.

Tanto per cominciare partiva dall’assunto che se una volta erano gli uomini a corteggiare le donne, adesso la situazione si è ribaltata… e che spesso le donne si trasformano in “predatrici” (neanche fossimo allo zoo-safari) perché non hanno la pazienza di aspettare che l’universo maschile si risvegli dal torpore… ok, può essere vero che in taluni casi l’uomo sia un po’ timido e abbia bisogno di essere instradato… ma questo non significa trasformarsi nell’ultima delle Mohicane e terrorizzarlo con atteggiamenti aggressivi e poco rassicuranti.

Poi suggerisce di essere sicure della propria scelta… ma allora di che stiamo parlando? Ma secondo questo giornalista una si butta a pesce sulla prima offerta discount che trova? Persino al supermercato prestiamo attenzione a quello che mettiamo nel carrello, figurarsi in fatto di uomini!

Ancora, non soddisfatto delle preziosissime perle di saggezza regalate fino a qui, spiega che, dopo aver sondato il campo analizzando segnali e messaggi subliminali e cogliendo in essi interesse da parte dalla preda di sesso maschile che ha catturato la nostra attenzione, è necessario mettere in campo la propria artiglieria senza dubitare delle proprie capacità seduttive… e sostiene che fare le sofisticate può fare colpo, attrarre ed essere l’arma vincente, per contraddirsi quattro righe più in basso dicendo invece che essere naturali e spontanee farà sicuramente capitolare il nostro prescelto fra le nostre braccia… Mio attimo di confusione, rileggo il pezzo quattro o cinque volte per capire se è il sole che mi ha obnubilato le capacità di intendere o se effettivamente, in poche righe, questa persona è stata in grado di affermare tutto e il contrario di tutto. Rassicuratevi! Il problema non è mio: è suo!!!

Andando avanti nella lettura, propone di rompere il ghiaccio evitando di usare frasi banali che tanto danno fastidio a noi donne quando è l’uomo che tenta l’approccio, e sottolinea come sia importante non concentrarsi su noi stesse, ma catalizzare l’attenzione su di lui facendolo sentire importante e degno di nota… ma quindi? Devo recitare un’ode al perfetto sconosciuto che ho puntato alla festa dopo aver bevuto tre Negroni sbagliati? Sarà…

Poi, non pago, ricorda di usare l’arguzia, e di lasciar credere all’uomo che sia stato lui a prendere l’iniziativa… certo nel caso il soggetto abbia dei problemi è probabile che lo creda… ma calcolando che è mezz’ora che lo guardiamo e gli sorridiamo come se stessimo facendo la pubblicità di un dentifricio, che lo abbiamo ricoperto di complimenti e fatto sentire come una star sul red carpet pur non sapendo neanche come si chiama, dubito che sia così ubriaco da non rendersi conto che ci stiamo provando come delle gatte durante il loro periodo di estro…

In ultimo, la perla più preziosa, quella che non poteva assolutamente mancare in una così insostituibile lista di consigli…ve la riporto testualmente perché non vorrei modificarne il senso e il significato profondo: “Qualunque cosa tu faccia, sii donna e femmina, sempre.”


Al che i miei vicini di ombrellone hanno iniziato a fissarmi con preoccupazione, perché sono scoppiata a ridere da sola… e del resto, cos’altro avrei potuto fare?

Alla prossima, stay tuned!

sabato 22 agosto 2015

Quando tutti i telefoni del mondo si spengono nello stesso istante...


- Situazione tipo numero 1: seduti a tavola con un gruppo di amici... ciascuno attaccato al suo smartphone a comunicare con altri amici, non presenti... ma non potevate uscire con loro?

- Situazione tipo numero 2: in spiaggia, allegra famiglia con bambini... madre che "messaggia" come se non ci fosse un domani, padre concentrato sul suo e-book reader, bambina più grande che gioca con il tablet, bambino piccolo abbandonato in balia dei flutti, ritrovato sulla costa opposta la settimana dopo, quando ormai era stato inserito di diritto in un centro di accoglienza profughi perché lo si pensava naufrago di un barcone.

- Situazione tipo numero 3: coppia di fidanzatini in intimità... lei che a un certo punto salta su urlando "La Jessica si è fatta i capelli violaaaaaaa!" e lui... "Aspetta, aspetta, aspetta che la mia squadra ha segnato tre goal di seguito effettuando un triplo salto mortale, un doppio carpiato e colpendo il pallone di testa..."

- Situazione tipo numero 4: la sposa cammina lungo la navata, gli sguardi degli astanti sono tutti rivolti a lei, ad un certo punto squilla un cellulare... lo sposo dice "Fermi tutti, sono in calo i titoli di xxx sul taglio del rating di yyy che ha anche tagliato sul target price!!! Devo andare..." (non so esattamente cosa ho detto, ma se fossi un'esperta di borsa attualmente scriverei sul "Sole 24ore"!)

Naturalmente le situazioni sopra descritte sono ai limiti del paradosso (beh, non proprio tutte), ma capirete che lo scopo di esse è di indurre a una riflessione: davvero non si è più capaci di godere unicamente della presenza delle persone che dividono con noi la stessa stanza, lo stesso ambiente, la stessa situazione? Davvero abbiamo sempre bisogno di un supporto tecnologico per sentirci vicino a qualcuno? Davvero non riusciamo più a godere unicamente dell'istante presente, ma abbiamo bisogno di essere in connessione h 24 con una serie di informazioni e situazioni non esattamente di vitale importanza?  E le persone con cui condividiamo amici, casa, letto, palestra, cene... ci rendiamo conto che non sono semplici elementi d'arredo, ma creature meravigliose molto più importanti della quantità di "like" che ha ricevuto l'ultima foto che abbiamo postato su fb?

Certo scagliare arringhe da dietro un PC, sembrerà una contraddizione... ma al momento sono sola in casa, la gatta assassina dorme pacificamente sul divano e non sottraggo tempo a nessuno, se non alle pulizie, ai panni da stirare, alla spesa da fare, alla lavatrice da caricare e far partire... tutte cose che dal mio punto di vista possono aspettare, perché è più urgente il bisogno che ho di mettervi a parte di questi miei pensieri.

Non esiste giusto o sbagliato in questo caso... io ho tanti amici distanti, sparsi qua e là per l'Italia e, se non fosse per Fb, per whatsapp, messanger e chi più ne ha più ne metta, sarebbe difficile essere costantemente aggiornata sulle loro vite... ma credo, come in tutte le cose, che ci sia una giusta misura, e che essa si trovi nel mezzo... per cui, se avete la fortuna di condividere un pasto con la vostra famiglia, un aperitivo con degli amici, una giornata in spiaggia con qualcuno che amate... impegnatevi a godere di quei momenti e di quelle presenze, dimenticate smartphone e tablet per qualche ora, i capelli viola della vostra amica Jessica, il triplo goal della vostra squadra e le variazioni continue della borsa... godete di quelle conversazioni, incontrate quegli sguardi e perdetevi in quegli abbracci...perché c'è molta più soddisfazione nel darlo fisicamente un abbraccio che non a mandarlo nell'etere; perché si prova molto più piacere a raccontarsele vis à vis le cose, che non a leggersi sullo schermo di un telefono; perché non esiste cosa più bella e preziosa di stringere delle mani e di perdersi in certi occhi che ti raccontano passato, presente e futuro in un battito di ciglia.

Io la vedo così: forse sbaglio, ma c'è qualcosa di più inebriante di sentire il profumo di chi ami mentre lo stringi forte fra le braccia...? ecco! In quei momenti non esiste niente... e tutti i telefoni del mondo si spengono in quel preciso istante!

Alla prossima, stay tuned!

giovedì 20 agosto 2015

Si cucina sempre pensando a qualcuno...

"Si cucina sempre pensando a qualcuno... altrimenti si sta solo preparando da mangiare".
Mentre il microonde riscalda l'ultimo ritrovato dei surgelati, mi risuona nella mente questa frase... la gatta assassina si lecca soddisfatta i baffi dopo essersi "scofanata" la migliore delle scatolette che, per inciso, costa più del mio surgelato, ed io mi appresto a consumare il mio pasto nella gradevole quiete della mia dignitosa dimora.

Il microonde trilla per avvertire che il suo dovere lo ha fatto, ma ormai la mia testa è altrove... continua a riflettere sul senso di quelle parole... davvero è così difficile riuscire a volersi bene fino al punto di prepararsi persino un piatto che non sia prodotto dal Capitano e dal suo equipaggio? Davvero la molla necessaria per godere di una tavola imbandita è che seduto di fianco ci sia qualcun altro? Ma quindi il problema qual è? Cucinare o non essere soli?

Vero è che se devi nutrire un ospite, pare brutto dargli il volantino del supermercato al posto di un ipotetico menù per scegliere  la cena nella sezione surgelati, ma perché non ci sembra altrettanto brutto se a dover mangiare il surgelato in questione siamo noi?
Quello che voglio dire è che forse dovremmo imparare a volerci bene e a coccolarci, come faremmo se ci stessimo prendendo cura di qualcun altro: che non vuol dire essere egoisti, ma avere a cuore il proprio benessere e la propria serenità; perché solo imparando ad amare noi stessi, sapremo amare qualcun altro nel miglior modo possibile.

E questo discorso vale in cucina, come in qualunque altro ambito della vita.
Solo che, mi rendo conto, tornare a casa dopo una giornata estenuante e mettersi ai fornelli può essere davvero pesante. E allora una passeggiata nella valle degli orti, quattro salti in padella insieme al Capitano, e chi più ne ha più ne metta, risultano le soluzioni più pratiche, veloci e indolori.

Intanto il mio pasto si è raffreddato, persa a congetturare sul senso di una frase letta distrattamente chissà dove... la gatta assassina mi fissa con un'aria di benevola commiserazione ed io... io smetto di prepararmi da mangiare e vado a cucinare... per me!

Alla prossima, stay tuned!

Pollyanna e il gioco della felicità

A seguito di una serie di vicende poco piacevoli avvenute in questi ultimi giorni, mi confrontavo con mia sorella e la sua estrema conclusione è stata... "Dimmi tu, di tutte le persone che conosci, chi effettivamente si può definire felice? Si possono vivere dei momenti di benessere, ma la felicità è una cosa assai rara!"
Da quando ci siamo salutate, non riesco a smettere di pensare a questa sua affermazione!

D'accordo! I problemi ci sono e sono di tutti; le preoccupazioni attanagliano cuore, stomaco e cervello circa 18 ore al giorno... ma davvero non siamo più in grado di essere felici? Davvero siamo talmente assorbiti da tutto questo, da non riuscire a vedere che oltre le nubi ride sempre il sole?
Sia chiaro che non sono nota al mondo per il mio ottimismo dirompente, ma negli ultimi tempi - forse anche solo per spirito di sopravvivenza - ho sviluppato un bisogno vitale, quasi quanto respirare, di credere che aldilà di tutto questo affannarsi, ci sia dell'altro.

Non mi rassegno all'idea che la felicità non sia di questo mondo, né tanto meno credo che l'essere umano non sia destinato a qualcosa di più di un semplice susseguirsi di ansie e preoccupazioni.
Come una novella Pollyanna, mi diverto a fare "il gioco della felicità": cammino per le strade e cerco di coglierne il bello che vi è; guardo fuori dalla finestra e immagino che il baretto sotto casa sia il bistròt del dipinto di Van Gogh "Place du Forum" e tutto ciò che mi circonda, persone comprese, diventano spunto per mettere in pratica le regole del gioco.
Talvolta cerco di trascinare chi è con me in questa avventura che, ai più, potrà sembrare ridicola e, difatti, tante volte vengo guardata come un soggetto a rischio TSO.

Ma sapete che c'è? C'è che non me ne importa niente! C'è che se per essere felice devo dare un calcio a quell'aura sacra e intoccabile mista di serietà, tristezza e rassegnazione, lo faccio! E pure a cuor sereno!
La conclusione di tutto ciò è che forse dovremmo vivere con più leggerezza, che non significa essere superficiali, ma dare a ciascuna cosa e a ciascun avvenimento la giusta dimensione nel quadro della nostra vita; applicare la prospettiva corretta al fine di non ingigantire o ridurre a briciole situazioni e persone che compongono la nostra tela.
Come si fa? mi direte voi ...

Beh, io non mi spaccio per il guru della domenica, ma credo che se ciascuno di noi si sforzasse di fare il "gioco della felicità", anche solo una volta al giorno, ci sarebbero più visi allegri e meno musi lunghi... e poi, facciamoci una domanda: davvero l'essere cupi e nervosi e arrabbiati ci aiuta a risolvere i nostri problemi?
Domani, per quel che ne so, potrei dormire sotto un cipresso e allora... meglio sorridere oggi, ché per avere la faccia contrita e sofferente ho davanti a me tutta l'eternità!

Alla prossima, stay tuned!

mercoledì 19 agosto 2015

Puntare sul finale

Mi aggiravo annoiata su fb poco fa... scorrevo i post dei vari amici distrattamente, fino a che uno di questi ha catturato la mia attenzione. La persona in questione, mia ex compagna di liceo e di università, scriveva come fosse tragico incontrare i propri coetanei che non vedi da un po'... riportava un' ipotetica conversazione tipo: "Da quanto tempo... che fai?che combini?" "Io mi sono sposato, ho una casa, due figli, un lavoro alla NASA... e tu?" L'amara ironia della sua risposta... "Io pensavo di puntare tutto sul finale!"

Inizialmente te la ridi e dici... eh anche io! Poi ti fermi un attimo a pensare e scatta la riflessione... di quelle che a oltre trent'anni ti accompagnano spesso, soprattutto quando continui ad essere invitata a matrimoni, baby shower, battesimi, ricorrenze familiari non della tua famiglia; soprattutto quando torni a casa e ad aspettarti c'è una gatta assassina che ti accoglie con un miagolio di disappunto come a dire "Schiava umana dammi immediatamente del cibo! e poi... volatilizzati!". Soprattutto quando avresti potuto, ma per svariate ragioni alla fine ti sei tirata indietro, e a volte ci ripensi e dici... ma se le cose fossero andate diversamente???

E allora giochi di fantasia, ti metti là buona buona a guardare il soffitto e immagini il tuo percorso su un'altra strada: ti immagini sposa e quindi moglie, incinta e poi madre; ti immagini professionista in carriera, con una casa tipo telefilm americano, due cani, tre gatti (questi non assassini), l'acquario, l'iguana e pure due anatre ammaestrate che fanno molto famiglia felice. Ti immagini immersa nel tuo tranquillo ménage familiare e non, con gli amici che la domenica arrivano per grigliare allegramente nel tuo giardino ricco di piante esotiche, mentre i bambini starnazzano felici... oops le anatre starnazzano felici e i bambini giocano sereni riempendoti il cuore di sorrisi! Immagini tutto ciò con un sorriso ebete e mentre la lacrimuccia quasi ti scivola lieve sulla guancia, la tua gatta ti fa un agguato degno di una tigre dai denti a sciabola e ti riporta alla realtà.

Ti risvegli dal tuo torpore, ti guardi attorno nel tuo appartamento; nessun marito, nessun bambino, né cani, né iguana, né anatre, né piante esotiche che, considerata la mia naturale predisposizione per il giardinaggio non avrebbero una vita lunga, ma nel sogno di prima avevo anche il giardiniere! Ti guardi attorno dicevo e c'è solo la gatta, ancora in posizione di attacco: la prendi in braccio, si dimena un po', ma poi si lascia andare... la stringi al petto, la guardi negli occhi e sorridendo le dici... NOI, CARA MIA, PUNTIAMO TUTTO SUL FINALE!!! E CHE FINALE!!!

Alla prossima, stay tuned!

Debutto in sordina

E siamo alle prime battute... un po' di emozione, tanta confusione (io e la tecnologia abbiamo un rapporto conflittuale) e tanta voglia di raccontarsi.
L'idea mi è venuta già da tempo... ma poi mi son sempre detta che non c'era molto da dire, che ci sono vite veramente inimitabili degne di nota e la mia non è certo una di queste!
E poi ho ragionato un attimo... e perché no??? Tutt'al più non mi leggeranno!
E così eccomi qua a riempire queste pagine, libere, di pensieri, parole, riflessioni e idee... su cosa esattamente non lo so, ma con un po' di buona volontà ci arriveremo.

Partiamo da me: 33 anni, laureata, non sposata, una gatta, una casa, il nord Italia nel cuore, nata nel profondo sud e tornataci, dopo vent'anni, per ragioni che ancora cerco di decifrare; una carriera alle spalle, buttata via per inseguire un sogno, che langue quotidianamente senza speranze di spiccare il volo in quella che dovrebbe essere la culla dell'arte e della cultura... la Magna Grecia. Poi ti accorgi che, passata l'età dell'oro, la mente umana ha subito come una sorta di resettaggio e che dei buoni propositi del passato, resta solo una lontana e amara eco.

Non è mia intenzione esprimere giudizi sulla "questione meridionale", non ne avrei le competenze; ma sta di fatto che una questione c'è e che, ora come ora, ne subisco le conseguenze come chiunque altro viva qui, anche se ritengo che un bel po' di lassismo e di paciosa rassegnazione di chi questa realtà l'ha sempre vissuta, faccia la sua parte nel determinare la situazione.
Non voglio partire con polemiche già dal primo post... ma dal momento che l'idea di fondo sarebbe quella di regalare un quadro quanto mai veritiero della realtà, perché nascondersi dietro a un dito ignorando che ci sono problemi che, senza un risveglio delle coscienze, rimarranno insormontabili?

Ma torniamo a me che sto divagando... dicevo che ho mollato una carriera consolidata per inseguire un sogno: folle! Mi direte che sono folle... ma forse, persuasa dall'idea che proprio io sarei potuta essere quell'una su mille che ce la fa, come cantava il buon vecchio Morandi, ho detto PROVIAMO! Va beh! Che ve lo dico a fare? Si che la ruota gira per tutti, ma evidentemente la mia gira nella direzione sbagliata... ironizzo chiaramente, ma come dicevo prima è difficile sdoganare certe convinzioni, ed al momento sono un'anima inquieta "protesa fra voglie alternate di andare e restare"!

Ok, ho messo un bel po' di carne al fuoco... del resto l'estate ben si presta a far bilanci: settembre è alle porte e con un bel colpo di reni ribalteremo la situazione, o almeno spero. Tutto sta a non perdere di vista i propri obiettivi...

Alla prossima... stay tuned!