domenica 20 dicembre 2015

La recherche



Quest’oggi mi sono confrontata, in merito ai miei scritti, con una persona da me tenuta in gran considerazione: una persona che stimo, che ammiro, che tuttavia conosco poco, come poco lei conosce me, ma che per qualche oscura ragione è entrata fortuitamente nella mia vita e vi è rimasta. Una di quelle persone con cui si instaura un dialogo profondo, una sorta di alchimia, di chimica dell’anima…

Ebbene, pur apprezzando il mio stile, i miei testi, ha sentito la necessità di farmi un appunto e di farmi notare che, forse, i miei messaggi, pur pregni di significato, dovrebbero avere una portata più universale e meno personale.
Naturalmente ho pensato molto a quanto mi ha detto e se sono qui a scriverne è perché la cosa non mi ha lasciata indifferente, ma mi ha dato del materiale su cui lavorare. Forte della sua profonda cultura mi ha fatto l’esempio di Proust, ma se la memoria non mi inganna, il caro vecchio Marcel, nella sua Recherche, racconta la storia di una coscienza in cerca della sua identità, e solo alla fine, dopo oltre tremila pagine, l’autore scopre LA verità, e cioè scopre che nulla è realmente perduto, ma che in qualche modo il passato si possa rivivere, a patto che il mondo ricreato sia un mondo artistico, letterario, mistico, interiore, in cui tempo e memoria giocano fra loro.

Ora, la mia sintesi del La Recherche è assolutamente riduttiva ed i più insorgeranno nel leggerla, ma ciò su cui vorrei soffermarmi è la necessità, umana, di ciascuno, di dare una identità alla propria coscienza… allora mi dico che i miei interrogativi, le mie riflessioni, le mie analisi del tempo, dello spazio, delle occasioni, delle persone, per quanto soggettive e fatte in base al mio punto di vista, alle mie esperienze, siano solo il primo step di un lungo cammino che mi sono consapevolmente decisa a percorrere al fine di dare "un nome e un volto" alla mia coscienza.

Del resto, l’idea del blog non è nata con lo scopo di impartire lezioni di vita: ognuno di noi, con i suoi propri tempi, chi in un modo e chi in un altro, per capire deve fare esperienza dell’esperibile… perché finché le cose te le raccontano, finché le cose le leggi su una pagina, finché le cose non le vivi direttamente sulla tua pelle… ecco quelle cose restano solo parole: belle magari, sensate a volte, poetiche, a tratti amare, talvolta intrise di una speranza che è tipica di chi non vuole arrendersi… ma comunque, sempre e solo, parole!

Quindi no! Non credo che il mio blog dovrebbe cambiar pelle! Nelle cose che racconto scrivendo c’è tanto di me, è vero! Ma perché è solo da me che posso partire… altrimenti, se volessi dare un’impronta diversa a queste pagine, sarebbe come snaturarle e snaturarmi. Se avessi voluto far lezione avrei chiesto una cattedra: ma sto ancora imparando a viverla io la vita, una vita che tante volte prendo a morsi e che altrettante volte morde me… come potrei dare un senso di universalità a delle righe che sono, prima di ogni altra cosa, un'analisi delle mie esperienze e del mio sentire? Come potrei trasformare in messaggi di una certa portata questi flussi di coscienza che si riversano nel web come gocce in un oceano di informazioni già esaustive e complete?

Ma come ogni goccia è importante per creare quell’immensa distesa d’acqua, così queste pagine hanno un senso per me che le scrivo e, spero, per voi che le leggete!


Alla prossima, stay tuned!

domenica 13 dicembre 2015

Waiting for Christmas


Natale è sempre più vicino: la corsa ai regali è cominciata già da un po', da qualche parte in Italia i bimbi attendono trepidanti che Santa Lucia porti l'acconto dei doni da ricevere, ed io mi guardo attorno un po' stranita, nella mia "nuova" casa vestita a festa.

Ogni addobbo, ogni decorazione... è un pezzettino di vita, la mia, che si è costruita nel tempo: guardare l'albero illuminato è per me come visualizzare la mappa degli anni trascorsi; ogni pallina, fiocchetto o pendente ha la sua storia e ricordo precisamente il momento in cui è stato acquistato, dove e con chi l'ho scelto... lascio che lo sguardo vi scivoli sopra e i visi delle persone che erano con me scorrono come in un album di fotografie. A volte mi soffermo su uno, a volte su un altro, e mi accorgo di quanta storia sia scritta su un semplice albero di Natale.

E così, questa festa, che da piccola era solo ed unicamente un momento di gioia, man mano che gli anni passano acquista connotazioni differenti: la nostalgia degli anni passati, delle persone che per svariate ragioni non ci sono più, di quelle che  - malgrado il tempo e le distanze - continuano ad esserci; il sapore agrodolce dei ricordi, di quei momenti in cui per essere felice bastava davvero poco... quel poco che a ben vedere, oggi, era in realtà molto di più di quanto allora potessi percepire; la voglia di riavere tutti vicini, pur sapendo che non è possibile... ma nei giorni che precedono le feste, chissà perché, si sente più forte il profumo delle persone che non abbiamo più accanto a noi.

E lo vivo così, su un'altalena di umori contrastanti: attimi di estrema dolcezza alternati ad istanti di amarezza quasi feroce... perché crescere è anche questo: vedere le due facce della medaglia, sapere che per quanto qualcosa sia stato e, talvolta, continuerà ad esserlo, magico e indimenticabile, ha comunque anche l'altro verso, in cui nostalgia e assenza la fanno da padroni.

Tuttavia, malgrado questo, continuo ad amare il momento della preparazione. Il tirar fuori gli addobbi e l'iniziare a fare il sorriso ebete per ogni decorazione che mi passa fra le mani: alcune hanno subito le ingiurie del tempo e risultano un po' invecchiate, altre, più recenti, fanno sfoggio della loro integrità, altre ancora semplicemente non mi piacciono più, ma continuo a tenerle perché raccontano un pezzettino di vita che non mi va di perdere.

Così, ogni anno, mi ritrovo con le mani immerse in scatoloni polverosi a far la conta dei Natali passati, a pensare a come saranno quelli che devono ancora venire, a chi sarà con me, a chi non c'è più, a chi vorrei accanto e a chi, magari, arriverà...

Così, ogni anno, rivesto a festa la mia casa con la stessa dedizione ed attenzione che negli ultimi dieci anni gli ho dedicato, senza saltarne neppure uno: persino a ridosso di un trasloco, con i colli che invadevano ogni stanza, a casa mia lo scatolone dell'albero fu aperto prima di quelli della cucina...

Così, ogni anno, mentre appendo palline e ghirlande, faccio un salto indietro nel tempo, ma anche un salto avanti... perché mi pervade la speranza che ci siano, dietro l'angolo ad aspettarmi, altri meravigliosi momenti da condividere con le persone che amo.

Ed ora che tutto è al suo posto, che ogni decoro ha una sua collocazione, che le luci sono sistemate ad arte e che la Tramontana soffia forte facendo sentire la rigidità dell'inverno, non mi resta che aspettare Natale... 


Alla prossima, stay tuned!


domenica 6 dicembre 2015

Cose che ho imparato negli ultimi mesi...

Il bello di un blog è che puoi sederti e raccontare cose, storie, fatti e sogni, indipendentemente dal fatto che qualcun altro le legga: intanto tu hai lanciato il tuo grido nel web, e sai, che prima o dopo, presto o tardi, qualcuno lo leggerà...

Non mi importa il numero dei followers, non mi importa avere la certezza che chi attraversa la rete si fermi a leggere, mi importa esprimermi, dare voce ai miei pensieri, lasciare che essi scivolino "dalla mente al cuore", senza vincoli o freni di sorta... mi importa lasciare una traccia che sia la mia e che renda unico il mio passaggio attraverso queste lande.

Avrei mille cose da dire su ciò che ho vissuto in questi ultimi tempi, in cui il silenzio si è fatto portavoce di miei pensieri... avrei cose da raccontare sulle persone che pensavo di aver imparato a conoscere, ma che in realtà non conoscevo affatto; avrei da dire riguardo alle ferite che mi hanno messa al tappeto, perché è così e non mi vergogno a dirlo... ma ho preferito che fosse il mio silenzio l'indicatore del mio stato d'animo.

Poi mi sono resa conto che il silenzio non si sente, che le pagine bianche non fanno riflettere, che a nessuno è dato di capire nulla se ci si chiude in se stessi e non si affrontano i discorsi e non ci si racconta... con questo non starò qui ad ammorbarvi con storie strappalacrime, che hanno già disidratato la sottoscritta... no! Non lo farò! Ma una cosa voglio dirvela e spero non la riteniate sciocca! Lo farò attraverso una modalità a me cara per svariate ragioni, una modalità semplice che nulla ha a che vedere con i voli pindarici a cui sono tanto affezionata, una modalità presa in prestito dal grande Saviano, quella dell'elenco.

Cose che ho imparato in questi ultimi mesi:

- Ho imparato che non importa quanto tu tenga ad una persona... questa, da un momento all'altro, potrà voltarti le spalle.
- Ho imparato che non conta quanta passione si abbia per qualcosa... non necessariamente essa diverrà il tuo mezzo di sostentamento.
- Ho imparato che non puoi insegnare ad amare a chi non sa farlo.
- Ho imparato che la maggior parte delle persone finge di essere ciò che non è, e di provare cose che non prova.
- Ho imparato che le distanze sono un limite apparente... "se vuoi essere vicino a qualcuno che ami, non ci sei forse già?"
- Ho imparato che non esiste casa se non esistono gli affetti.
- Ho imparato che i gatti (anche quelli killer) hanno una sensibilità particolare... e se una persona non gli piace hanno le loro sacrosante ragioni.
- Ho imparato che le persone si riempiono la bocca di parole... e, talvolta, finiscono per crederci anche loro a quello che dicono.
- Ho imparato che ci sono grandi maestri della finzione e dell'inganno... chapeau per la vostra incredibile bravura.
- Ho imparato che non ci si deve mai vergognare di ciò che si prova... l'onestà non paga, ma ti permette di guardarti allo specchio senza provare vergogna.
- Ho imparato che puoi farti in due, in quattro, in otto per qualcun altro: ma chi è troppo egoista non sarà mai in grado di apprezzarlo.
- Ho imparato che è meglio un po' di solitudine, che le false compagnie.
- Ho imparato che aspettare, pazientare, attendere non sempre sono la soluzione ad un problema.
- Ho imparato che se c'è un problema va affrontato di petto, anche se la soluzione farà male.
- Ho imparato che non si può sempre dare... ogni tanto fa piacere anche ricevere!
- Ho imparato che ci sono persone per cui vale la pena mettersi in gioco e altre per cui non bisognerebbe mai investire tempo ed energie (ma non è stata una cosa indolore impararlo).
- Ho imparato che credere di poter aiutare qualcuno che non vuol essere aiutato è solo un'utopia.
- Ho imparato che ci si può ritrovare col culo a terra, ma non per questo si è finiti.
- Ho imparato che puoi calpestare la tua dignità e il tuo orgoglio, ma arriva sempre il momento in cui alzi la testa e urli "Basta"!
- Ho imparato che una buona bottiglia di vino, bevuta da sola, in una sera d'inverno, può darti quella forza per urlare quel "Basta" di cui sopra.
- Ho imparato che a volte ti vien voglia di buttare tutto per aria, ma conti fino a cento, respiri e vai avanti.
- Ho imparato che da un messaggio arrivato per sbaglio possono nascere cose inaspettate.
- Ho imparato che puoi anche vestire la tua casa a festa, ma la festa, per sentirla, devi averla nel cuore.
- Ho imparato che le persone a cui non piace niente... sono persone tristi e prive di entusiasmo. Così come quelle a cui va bene tutto, in realtà non amano niente e quindi sono tristi e prive di entusiasmo comunque.
- Ho imparato che a volte ci si può sentire delusi e amareggiati, ma ci sarà prima o poi un raggio di sole che ti scalderà nuovamente il cuore.
- Ho imparato che non serve offrire se stessi e il proprio tempo a chi non fa lo stesso con te.
- Ho imparato che bisogna diffidare da chi si sente una vittima degli eventi, da chi ti elenca i suoi problemi per trovare giustificazioni ai suoi comportamenti, da chi si nasconde dietro a nuvole di patetismo per non prendersi le sue responsabilità: tutti hanno i loro problemi, ma cerchiamo di risolverli senza intaccare le vite altrui.
- Ho imparato che gli amici sono un bene prezioso e le sorelle un bene ancora più grande.
- Ho imparato che non esiste delusione che possa togliermi la voglia di sorridere.
- Ho imparato che non esiste dolore che non abbia un senso nel grande quadro della mia vita, e che lo stare male non è mai fine a se stesso.
- Ho imparato che se qualcuno mi delude... il mio cuore lo smarrisce, lo perde... e sarà difficile che lo recuperi.
- Ho imparato che le persone vanno e vengono nelle nostre esistenze, ma ci sono alcune che restano: non lo so come fanno, ma restano!
-Ho imparato che vivere è faticoso, a tratti estenuante, e che "non è senza un prezzo salato diventare grandi"; ma mi hanno detto anche che ne vale la pena... appena imparo anche questo ve lo dico!
- Ho imparato che ho ancora un sacco di cose da imparare e, "strada facendo", le impareremo assieme!


Alla prossima, stay tuned!

domenica 8 novembre 2015

"Le luci nelle case degli altri"

E' passato quasi un mese dalla mia ultima pubblicazione: in un momento di ricostruzione può starci pure il bisogno di isolarsi un attimo e di riprender fiato: capita di sentire forte il desiderio di estraniarsi per capire meglio il mondo che ci circonda, per riprendere fiato, per capire se stessi e dove stiamo andando a parare con il nostro percorso e le nostre scelte.

Il titolo del post altro non è che il titolo di un libro di Chiara Gamberale, una scrittrice che non amo particolarmente, ma di questo libro che, volutamente, non ho letto, il titolo mi è rimasto impigliato nel respiro, perché -non so a voi- ma a me spesso capita, sul calar della sera, quando le luci artificiali prendono il posto del sole, di guardare verso le finestre illuminate e immaginare la vita che si dipana, come un gomitolo di lana, fra quelle mura.

Immagino così i rientri a casa, il vociare dei bambini che attendono ansiosi i genitori che tornano dal lavoro, le mamme che si dividono fra mille incombenze, gli adolescenti chiusi in camera connessi al mondo virtuale tramite i mille social, l'indipendenza di chi si appresta a consumare un pasto in compagnia di se stesso, o del suo gatto, per poi lasciarsi andare su un divano davvero troppo grande per occuparlo interamente da solo.

Immagino la normalità della vita, "quelle buone cose di pessimo gusto" e "il ciarpame reietto così caro" che fanno della quotidianità qualcosa di speciale, pur nella sua banalità. Immagino tutte queste cose e una dolce malinconia mi accarezza lo sguardo, perché di quel "vivere inimitabile" che tutti sogniamo, alla fin fine, son le cose semplici che restano.

Poi però, ci sono volte in cui, "le luci nelle case degli altri" ti danno uno scossone che ti fa pensare ad un terremoto, una "fibrillazione" emotiva con la quale non vorresti misurarti e di cui faresti a meno se solo potessi: chi mi legge su Facebook sa, per un breve post pubblicato qualche settimana fa, che i miei vicini sono una coppia un po' turbolenta, che spesso litigano, che non hanno la capacità di dialogare pacificamente, ma che, nel cercare il confronto, spesso sfociano nella violenza.
Chi mi conosce ha avuto modo di sentirmi parlare di loro e della tristezza infinita che mi provocano i loro litigi feroci, figli di situazioni che ignoro, figli di una incomunicabilità che regna sovrana quando l'amore che ci univa a qualcuno si spegne, si esaurisce, si dilegua, o semplicemente non è mai esistito e noi ci siamo illusi di vederlo divampare in un fuoco di paglia che, bruciato troppo in fretta, ha lasciato solo un mucchietto di ceneri inconsistenti, che se provi a stringerle fra le mani ti scivolano via veloce disperdendosi nel vuoto che costella il nostro cuore in quel momento.

E così è successo che, qualche sera fa, durante una tranquilla serata trascorsa in compagnia dei miei pensieri davanti alla TV, le urla dei miei vicini si sono fatte più forti, il rumore delle cose lanciate continuo e potente, la disperazione nella voce di lei straziante e dolorosa... e mentre questa tragedia domestica si svolgeva fra le mura della loro abitazione, il mio pensiero andava alla creatura di pochi mesi, spettatrice inconsapevole di un dramma, che vive quotidianamente in un ambiente greve e disgraziato, dove sicuramente non potrà crescere in maniera serena e felice.
E così è successo che, nel sentire tutto quel dolore urlato a gran voce alla finestra, in un'estrema richiesta di aiuto, tutto il circondario era affacciato a guardare "le luci nelle case degli altri", ma nessuno che si prendesse la briga di intervenire: ma il dolore, si sa, fa audience, ce lo ha insegnato bene Barbara D'Urso, e la curiosità morbosa degli astanti mi ha fatto rabbrividire.

Passato un po' di tempo non me la son più sentita di "assistere" impotente a quello spettacolo che lacerava cuore e animo e ho chiesto l'intervento delle forze dell'ordine, che pochi minuti dopo erano qui ed han sedato gli animi e fatto rientrare la situazione.
Ebbene, perché vi ho raccontato tutto questo? Perché penso che, talvolta, dovremmo essere parte più attiva della nostra società e non solo spettatori curiosi e forse un po' gretti... perché dovremmo preoccuparci degli altri, oltre che di noi stessi, e aiutarli a fare in modo che le luci nelle loro case, non si riducano a un semplice bagliore per poi, inevitabilmente, spegnersi, a volte nel peggiore dei modi.

Alla prossima, stay tuned!

martedì 13 ottobre 2015

"Miei segni particolari: incanto e disperazione."

Oggi ho scritto un articolo per la rivista di danza con cui collaboro; un articolo su di uno spettacolo, come tanti altri ne ho scritti; e leggendo i vari comunicati stampa, le varie interviste a chi questo spettacolo lo ha ideato, mi sono resa conto di come -alla fine- il leitmotiv della produzione artistica sia, quasi sempre, l'animo umano con le sue mille sfaccettature.

Già! Ed è una cosa che mi ha fatto pensare: perché continuiamo a parlarne, a scriverne a raccontarcelo, forse perché, in conclusione, non ne abbiamo capito granché! 
L'uomo, con le sue infinite sfumature, costituisce un mistero insondabile: quel che ha nel cuore è poesia ed è orrore, è grandezza ed è inconsistenza; è incubo e sogno; è amore e malvagità, è "incanto e disperazione" per dirla con la Szymborska. L'uomo è tutto questo, e non riusciamo a venirne a capo pur sforzandoci, pur cercando di capirlo, pur adottando misure e strategie atte a risolvere l'enigma.

Nella nostra vita incontriamo davvero tantissime persone, alcune ci sfiorano soltanto, altre restano impigliate nelle maglie della nostra esistenza, per caso o per volontà, e di queste con cui abbiamo l'opportunità di relazionarci in maniera più o meno continuativa, iniziamo a cogliere i colori dell'animo e le mille contraddizioni che lo caratterizzano. Sono quelle persone che, consapevolmente o no, decidono di fare un pezzettino di strada con noi, o anche un lungo percorso, dipende. Eppure, molte volte, per quanto ci sforziamo di capire e di coglierne i sensi e le ragioni, ci risulta pressoché impossibile leggerle dentro.

Talvolta si sente dire "Quella persona è un libro aperto", ma io credo che non esistano animi così trasparenti, non credo che ci sia chi non ha in sé quell'ambivalenza e quella contraddittorietà che lo rendono piccolo e meschino, così come solo l'uomo può essere. Non me ne tiro fuori sia chiaro, io non sono diversa dal resto del mondo, tuttavia credo che stia a ciascuno di noi imparare a stemperare le caratteristiche negative e cercare di raggiungere un equilibrio. Se non crediamo di poterlo fare, se non siamo in grado di fare un'autoanalisi, di guardarci allo specchio senza il piglio presuntuoso di chi crede di essere "assolutamente perfetto sotto ogni aspetto", come una sorta di Mary Poppins dei giorni nostri, è meglio lasciarle stare le vite degli altri.

E nemmeno si può accettare il discorso che fa chi dice di non poter cambiare, perché significa rinunciare a crescere e ad evolversi; significa non mettersi in discussione, mettere a tacere quell'eterna diatriba interiore che quotidianamente si dovrebbe svolgere in noi, per diventare delle persone migliori. E quando poi, entriamo nell'intimo vivere di un'altra persona, ancora di più ci si dovrebbe sforzare di far pulizia dentro di sé, di limitare gli aspetti cupi e oscuri del Mr. Hyde che alberga in noi, per dar maggiore spazio al bello che, ho bisogno di crederlo, ciascuno di noi custodisce in cuor suo!

Come scriveva Stevenson nel suo romanzo "[...] l'uomo non è veracemente uno, ma veracemente due." Varrebbe la pena, per una volta, smussare gli spigoli di questa dualità, per non ferire chi ci è vicino, per non danneggiare nessuno, per non saccheggiare le speranze di chi crede, malgrado a volte le evidenze dimostrino il contrario, che l'essere umano abbia anche del buono nei reconditi anfratti del suo animo.

Alla prossima, stay tuned!


domenica 4 ottobre 2015

"Bisogna avere del caos dentro di sé per generare una stella danzante"

Sono giorni che non scrivo per non ammorbarvi con i miei pensieri; sono giorni che evito di misurarmi con la pagina bianca, per non dover fare i conti con me stessa; sono giorni che mi piacerebbe chiudermi in un armadio e, come nelle Cronache di Narnia, scoprire che esso è un portale per un mondo fantastico in cui alla fine il bene vince sul male.

Ma, sebbene ci abbia provato, con la scusa del cambio di stagione, l’armadio era, lo è tuttora, sempre e solo un luogo angusto e buio, in cui anche io da bambina mi nascondevo per giocare… ma il nascondermici ora non ha portato la stessa emozione, la stessa trepidazione dell’animo, che provavo quando, da piccola, richiudevo le sue ante lasciando fuori la realtà, con cui, già allora, andavo poco d’accordo.

Non saprei dirvi che cosa stia succedendo in me, una sorta di trasformazione, un bisogno di cambiamento, una gran voglia di rinascita e un desiderio di benessere che mi manca da troppo tempo; ogni giorno, uno dietro l’altro, è sempre uguale a se stesso: provo a modificarne l’andamento, a movimentare le cose, a rendere speciale la mia quotidianità, anche con piccole variazioni… ma, inevitabilmente, tutto sembra ripetersi con gli stessi schemi, con le stesse dinamiche, con le stesse inutili attività.

E allora mi domando se sia veramente questo vivere, se davvero ci affanniamo tanto per avere poi tanto poco. Allora mi domando se basti questo per essere felice, ed io non sia in grado di capirlo; se sia questo quello che chiamano “serenità”, se non ci sia dell’altro che ora non riesco a vedere perché alla ricerca di una me stessa che si deve essere cacciata chissà dove con l’ultimo trasloco.

Come avrete capito sono nel caos più totale, mi pongo mille domande e nel mentre cerco di iniziare a rispondere alle prime, già me ne faccio di altre. Nietzsche diceva che “Bisogna avere del caos dentro di sé per generare una stella danzante”… e allora che caos sia, se per raggiungere l’equilibrio interiore dovrò smontare e rimontare la mia vita ancora una volta! E allora che caos sia, se per godere di un vivere inimitabile, dovrò mettere in discussione ancora, nuovamente, tutto quello che ho costruito fino adesso! E allora che caos sia, se per distendere muscoli e nervi dovrò prima di tutto tenderli fino allo spasimo; e allora che caos sia, se tutto questo tribolare mi porterà alla fine un po’ di pace.

Fino ad oggi non ho mai smesso di tenere duro: problemi, avversità, momenti di sconforto, perdite, ferite, delusioni… tutte cose che mi hanno fiaccato l’animo e, paradossalmente, l’han reso più forte; fino ad oggi ho combattuto con un coltello fra i denti per tenermi stretto quel poco che avevo conquistato; fino adesso ho dato il massimo che potevo dare, senza mai domandarmi se fosse giusto o sbagliato… ma sapete cosa c’è? Che arrivata a questa età, ti domandi, inevitabilmente, fino a dove vuoi spingerti, ché non è più questione di volontà, ma di quanto di te stesso sei disposto a perdere pur di tenere insieme quella parvenza di equilibrio che hai, maldestramente, creato.


Ma, come ho già detto un’altra volta, non riesco a vivere con l’idea di affrontare un’esistenza fatta di niente di speciale, fatta di un ciclico ripetersi di eventi e situazioni sempre uguali a se stesse; fatta di poco e di persone da poco, che oggi ci sono e domani chissà… io  son certa di essere in grado di generare quella stella danzante di cui Nietzsche parlava… e allora che sia il caos e tutto quello che ne arriverà.

domenica 20 settembre 2015

Caro Marzullo... la risposta non ce l'ho!

Che cosa è giusto fare quando ti si aprono davanti scenari inaspettati e che potrebbero cambiare radicalmente la tua vita?

Da qualche giorno la domanda mi frulla in testa come un minipimer; mi sento Marzullo costantemente alle spalle che mi dice "Si faccia una domanda e si dia una risposta!"... ma io, benedetto Marzullo, la domanda ce l'ho: è la risposta che manca e la domanda la girerei a lei...
Poi mi ripiglio, mi giro, Marzullo è sparito, ma la domanda è rimasta.
Dunque, senza quella chioma fluente che mi bisbiglia nell'orecchio, forse ora posso concentrarmi e cercare di capire.

Capita costantemente, nelle nostre vite, che delle occasioni -sotto svariate forme- bussino alla nostra porta; tante volte siamo talmente presi dai ritmi frenetici delle nostre giornate, da non accorgercene neanche, altre abbiamo la fortuna di sentire quel colpo sordo alla porta, di guardare dallo spioncino, e di rimanere un attimo interdetti chiedendoci se è il caso di aprire o meno.
Aprire potrebbe significare uno stravolgimento totale della nostra esistenza, lasciar chiuso potrebbe rappresentare perdere, magari, l'occasione della nostra vita per essere felici e realizzati.

Ho sempre sostenuto che le cose non accadano per caso, che ci sia una logica in quello che ci accade, una logica che a noi sfugge, ma che disegna una sorta di tracciato da seguire. Poi noi, con il nostro libero arbitrio, siamo in grado di modificare questo disegno, ma di base esso esiste e se assecondiamo il corso degli eventi ci porterà sicuramente a destinazione... al compimento di quella che Coelho chiamava "la propria leggenda personale".

Ora potrete essere d'accordo o meno con questa mia visione delle cose, ma per quella che è stata la mia esperienza, se guardo al mio passato, ogni decisione difficile e che magari in quel momento mi dava l'impressione di essere solo un ostacolo, o una seccatura, o un problema in più da risolvere e che per di più mi faceva sorgere mille dubbi per tutte le conseguenze che avrebbe comportato, a distanza di tempo si è rivelata la condizione necessaria perché qualcosa di più importante, e che avrebbe modificato la mia vita in maniera sostanziale, si verificasse.

Questo non significa non avere mai tentennamenti sul da farsi, anzi: è proprio questo il punto!
Come dicevo prima, siamo comunque sempre liberi di fare le nostre scelte e quindi di proseguire dritti per la nostra strada senza porre attenzione al resto; tuttavia, così, un'altra domanda si profila nella mia mente... se mi accorgo di quel colpo sordo alla porta di cui sopra, partendo dalla mia convinzione che nulla accada per caso, è giusto far finta di niente e continuare a passare l'aspirapolvere come se nulla fosse?

Le occasioni passano via veloci come treni in corsa, talvolta restiamo immobili sulla banchina a guardarli sfrecciare e un piccolo dolore si insinua fra il cuore e lo stomaco per quello che sappiamo non ripasserà tanto presto o forse non ripasserà mai, altre siamo invece tanto abili da saltarci su al volo, e un piccolo dolore si insinua comunque fra il cuore e lo stomaco per tutto quello che ci stiamo lasciando alle spalle... in ogni caso, qualunque scelta si faccia, qualcosa è necessario sacrificarlo: sta a noi capire che cosa sia meglio e a che cosa rinunciare.

Quindi, caro Marzullo, di fatto una risposta non gliel'ho data... valuterò di volta in volta, scrutando il possibile scenario dallo spioncino, buttando uno sguardo al treno che arriva e un altro a ciò che è alle mie spalle: le banchine sono luoghi d'attesa, di transizione, ed è certo che non potrò restare qui in eterno.

Alla prossima, stay tuned!


martedì 15 settembre 2015

"Le mie parole sono sassi"

Avete mai riflettuto sul reale significato della parola "comprendere"? Sul suo peso e sulla sua importanza? Quando vi capita di usarla... come vi fa sentire?

La spiegazione del termine è semplice: contenere o capire, derivato dal latino cum/con e prehendere/prendere. 
Ma se ne analizziamo il senso ci rendiamo conto che è più profondo di così, che si tratta di un contenere che include, di un capire che è afferrare e far proprio, e che dallo stesso momento in cui lo afferriamo ridisegna ogni assetto precedente. Comprendere qualcosa permette che quest'ultimo acquisisca un valore superiore, che si apra del tutto al nostro cuore e al nostro intelletto con tutti gli effetti che ne conseguiranno: perché nel momento in cui si comprende qualcosa o qualcuno, in qualche modo che non so,  questa cosa o questa persona diventano parte di noi e costituiscono materia per la nostra crescita interiore; e questa comprensione può avvenire ora con il cuore, ora con la mente, ora anche solo con un abbraccio.

Forse un po' se ne sta perdendo il senso, il valore e l'importanza; forse perché è difficile per molti provare empatia l'un l'altro, alla cui base c'è appunto una profonda comprensione fra due esseri umani in comunicazione fra loro; forse semplicemente usiamo i termini a sproposito perché, troppe volte, non ne conosciamo il significato profondo che si portano dentro.

Le parole, così come gli sguardi, così come i gesti hanno una doppia valenza: il loro significato ha un peso diverso a secondo di chi le pronuncia. Io che con le parole ci gioco da mattina a sera, presto attenzione ai termini che scelgo quando parlo, quando scrivo o anche solo quando penso. Come cantava Bersani "Le mie parole sono sassi"... ma sono anche tante altre cose, come lui stesso diceva, "sono nuvole sospese gonfie di sottintesi", "sono foglie cadute", "promesse dovute", "note stonate", "razzi incandescenti prima di scoppiare", "sono notti interminate, scoppi di risate, facce sovraesposte per il troppe sole", altre volte le mie parole "sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo che non mi riesce di spiegare"... 
Son tutto questo le mie parole, ed è per questa ragione che le scelgo, le curo, le ammaestro e cerco di usarle nel miglior modo io conosca. 

Allora quando mi avvicino a qualcuno e gli dico di comprenderlo, non è qualcosa di buttato lì a caso. Il mio cuore si è aperto al suo e da quel momento in poi, una rete di fili invisibili ci lega senza soluzione di continuità. Non abbiate paura di scoprire il significato intrinseco di una parola. In essa un universo di colori e sfumature vibra da tempo: sta a noi riuscire a dargli la giusta collocazione e il giusto valore. 
Comprendere qualcuno è una forma d'amore e se lo stiamo facendo, siamo già oltre il semplice significato etimologico del termine.

Alla prossima, stay tuned!




domenica 6 settembre 2015

Quando il passato bussa all'improvviso...

Sta mattina ero a casa che mi annoiavo... con il piccolo incidente che ho avuto il riposo è d'obbligo per una guarigione veloce e completa, ma siccome non ne potevo più... munita di stampelle sono uscita e, con qualche difficoltà, ho camminato.

Ho la fortuna di abitare in una zona piuttosto centrale e, se vogliamo, anche antica: ho imboccato un vicoletto e mi sono trovata proiettata in un tempo fuori dal mio tempo. Avete presente quelle stradine in cui tutto sembra essersi fermato all'epoca del "C'era una volta?".
E ho iniziato a guardarmi attorno in un misto di incredulità e stupore, lieta di aver scoperto un angolo di questi luoghi che quasi sembra dimenticato, dove le auto passano di rado e i rumori della città arrivano ovattati.

La bottega del ciabattino, esattamente come poteva essere cent'anni fa; quella del fabbro, con quell'odore di ferro e sudore che un po' fa pensare; l'anziano che intreccia canestri e li vende; alcune porte ancora aperte, come si usava una volta... tanto non si correvano rischi; la vecchina seduta sulle scale intenta a sferruzzare in vista dell'inverno per qualche nipotino da scaldare; i profumi della buona cucina, quella che ti ricorda subito i nonni; le tante case una volta vive e, ora, disabitate.
E inevitabilmente ti soffermi a pensare a "come anche la storia sia  passata tra quei muri"; inevitabilmente guardi le pietre che costituiscono quelle case, quelle strade e te le immagini quando, brulicanti di vita, erano dei luoghi ospitali e vividi... chiudo gli occhi un istante, fra il caldo e la stanchezza di camminare portandomi dietro il peso morto che è la mia gamba, e sento l'eco di quelle voci, immagino le giovani donne intente a governar casa, gli uomini che lavoravano nelle loro botteghe, i bambini che correvano dietro ad un barattolo e alla felicità che squillava nelle loro voci; è stato un salto indietro nel tempo, senza neanche aver bisogno di un mezzo per andarci; è stato un felice ritorno al passato, quando per esser sereni bastava davvero tanto poco.

Mettersi in ascolto con ciò che ci circonda, sentire la vita che è rimasta impigliata in un luogo, respirare profumi e odori che appartengono a tempi ormai lontani... Capita di rado! Ma a volte, quando meno te lo aspetti, se lasci che sia il cuore a sentire senza essere veicolato dalla mente, se permetti che siano gli occhi di dentro a guardare il mondo e non quelli di fuori fuorviati da mille filtri... allora sarà facile che tu ti metta in ascolto con ciò che è stato e che, seppure sia passato, resta nel ricordo delle cose che continuano a pulsare vita, malgrado gli anni e la noncuranza di noi umani.

Perché vi ho voluto regalare questo piccolo frammento di sogno? Perché mi ha reso felice, mi ha fatto stare bene e, dopo tanto grigiore, per un attimo, mi ha fatto sentire serena, parte di un tutto che è anche in quel passato che troppe volte tralasciamo di ricordare.

Alla prossima, stay tuned!

domenica 30 agosto 2015

"Il cuore rallenta, la testa cammina..."

Chiedo scusa per il silenzio, ma non è dipeso da me… un piccolo incidente mi ha creato dei problemi e, come se non bastasse, una serie di tempeste emotive hanno fatto il resto.

Cerco sempre di non farmi abbattere dai problemi: credetemi! Ne ho avuti tanti in passato, alcuni anche di non lieve entità, ma alla fine, vuoi per forza d’animo, vuoi perché la voglia di risorgere dalle mie proprie ceneri, come l’araba fenice, è sempre più forte del dolore che mi attanaglia il petto e mi blocca il respiro, ne sono sempre venuta fuori, a volte da sola, a volte con il preziosissimo supporto delle persone che mi erano vicine.
Io credo che la ricchezza più grande che possediamo siamo noi stessi; ma credo anche che quel noi stessi si vivifichi e si rafforzi attraverso gli altri! Non esiste cosa che non siamo in grado di affrontare; anche quando le forze sembrano abbandonarci e lì per lì ci sembra che tutto sia perduto, in realtà stiamo solo riprendendo fiato per ricominciare la corsa. A volte capita che si riparta a rilento, altre sembriamo delle schegge impazzite: ma in ogni caso stiamo ripartendo, ed è quello che conta!

Poi ci sono dei casi in cui, per quanto impegno una ci metta per ricostruirsi, sembra che tutto remi contro! Dal lavoro ai rapporti personali, sembra che tutto vada storto e che l’unica soluzione sia rimettere la propria vita in una valigia e ripartire verso un altrove che non sai.
Ed in effetti è quello che sto pensando di fare: quando metti su una bilancia le ragioni per restare e quelle per andartene e vedi, ancora una volta, che quelle per andartene pesano di più… ti rendi conto che – alla fin fine – hai aspettato pure troppo per prendere la decisione. “Avevo le mie ragioni” ti dici, ma sai che è una balla che ti racconti per giustificare tutto il tempo che hai perso dietro a sogni e fantasie che non avevano nessunissima ragion d’essere, se non nel tuo immaginario.

E così ci si rimette in cammino, alla ricerca di quella serenità che negli anni ho continuamente sfiorato, ma mai posseduto realmente. Ci si rimette in cammino con la speranza di costruirsi qualcosa di più, perché una vita fatta di niente di speciale è preferibile lasciarla a chi si accontenta di poco, ma certamente non fa per me. Ci si rimette in cammino con delle nuove ferite sul cuore e sull'anima, ma con la consapevolezza che oggi siamo più ricchi non per quello che abbiamo ricevuto, ma per quanto siamo stati in grado di dare. Ci si rimette in cammino con la speranza che il nuovo ci risvegli dal torpore emotivo in cui ci siamo volutamente immersi per soffrire meno, perché, ahimè, il modo per non soffrire proprio io ancora non lo conosco.

So di persone che pur di non stare male, di non soffrire appunto, preferiscono chiudersi a riccio e guardare il mondo da un oblò, come diceva una vecchia canzone… ma questo per me equivale a non vivere, o a vivere a metà. Preferisco procurarmi qualche contusione sul cuore, ma avere la certezza di non avere nessun rimpianto, di aver goduto a piene mani di tutto ciò che mi è stato dato o che mi son conquistata, con fatica e dedizione, di aver saputo, un volta ancora, meravigliarmi di un tramonto e ballare sotto la pioggia. Ogni cosa e ogni persona che sia passata per la mia pazza vita, equivale per me a un tassello del mio mosaico, quel mosaico che mi rappresenta e mi rende la persona che sono; ogni cosa e ogni persona che ho trovato sul mio cammino, che abbiano lasciato ricordi positivi o negativi, la considererò sempre un valore aggiunto, per quel che mi ha donato o per quello che mi ha tolto: in ogni caso mi avrà reso migliore!


Ed ora, che è arrivato il momento di far fagotto, mi congedo da questi luoghi in cerca della mia casa… ché la casa dicono sia dove sta il cuore, ma il mio cuore è un esule, e a me non resta che seguirlo. 

Alla prossima, stay tuned!

giovedì 27 agosto 2015

Quando le provi tutte, ma...

E' uno di quei giorni in cui fisso la pagina bianca e non ci vedo nulla. Sarà il temporale imminente, sarà il pranzo a base di quinoa (non chiedetemi cos'è, so solo che è commestibile), sarà il pensiero che un'altra estate volge al termine... ma va così!
Persino la gatta assassina risente del tempo e, da sta mattina ad ora, neanche un piccolo agguato alle caviglie.

Ho persino provato a fare il gioco della felicità, ma affacciata alla finestra, ciò che ho visto, neanche con un estremo sforzo di fantasia, avrebbe potuto mutare il suo aspetto.
Così mi sono seduta qui in soggiorno e mi sono detta... ora lo racconto a tutti quanti che è una giornata un po' spenta, di quelle che ti metti in cucina e prepari un dolce che non mangerai, ma intanto lo hai fatto e il vederlo in frigorifero un po' ti rassicura.
Ora lo dico a tutti che mi sento un po' capovolta, come a dire che sto camminando sulla testa e per questo la sento un po' schiacciata.
E così, mentre la gatta continua a masticare il filo del mouse come se non ci fosse un domani, io mi domando che cosa ci sia che non va e soprattutto perché!

L'altro giorno, chiacchierando con una persona a me molto vicina, siamo arrivati alla conclusione che il primo passo per essere felici è non prendersi troppo sul serio... e vi assicuro che è una sacrosanta verità: ma, certe volte capita, che per quanto ci si sforzi, si ottiene l'esatto opposto. Non so bene quali siano le dinamiche che concorrono a rendere complicato questo processo, ma tant'è! Ed oggi, per quanto cerchi di sdrammatizzare questa sensazione un po' opprimente, mi sembra di non riuscire a venirne fuori!

Credetemi! Le sto provando tutte: ho fatto il dolce, la maschera al viso, poi quella ai capelli... ho guardato un paio di episodi di Will e Grace, ho mangiato del cibo spazzatura (perché la quinoa sarà anche salutare, ma non è che ti dia tutte 'ste soddisfazioni), ho dormito, ho letto, ho provato a fare yoga per rilassarmi, poi zazen, ma senza campane tibetane non mi riusciva di concentrarmi...

Ho provato a seguire una di quelle tecniche di rilassamento che si trovano su youtube, con quelle suadenti voci guida sulle note di qualche pezzo new age che ti accompagnano in un percorso quasi metafisico, e dopo un po' nella mia mente mi sono vista con un fucile in mano nel tentativo di mettere a tacere tutti quegli uccellini cinguettanti di cui era infarcita la musica...

Allora ho provato con l'uncinetto, il punto a croce, il solitario con le carte; ho fatto un bagno rilassante con i sali, le candele accese e la musica rilassante di sottofondo, questa volta senza pennuti starnazzanti; ho messo le gambe per aria e iniziato a respirare secondo delle tecniche per combattere gli stati ansiosi, ma mi sembrava di essere al corso preparto e ho abbandonato; ho fatto una passeggiata sotto la pioggia e cantato Singing in the Rain, ma più che Debby Reynolds, mi sentivo una perfetta idiota...

Insomma... un disastro! Quindi nel tentativo di arginare questa situazione che si costituisce di mille sensazioni negative... che cosa mi consigliate di fare?

Alla prossima, stay tuned!



mercoledì 26 agosto 2015

Magicabula bidibi bodibi bu

Leggevo poco fa un articolo, su una nota rivista di diffusione scientifica, che descriveva con entusiasmo come un architetto newyorkese , fervente sostenitore del design ecosostenibile e del lusso a impatto zero, sia riuscito -in soli 37 mq - a farci stare ben 8 stanze, grazie a un sofisticato sistema di pareti e mobili a scomparsa.
L'articolo, corredato di foto, mostrava questo microloft (così lo definiva il giornalista), fatto praticamente a matrioska, dove ogni cosa era contenuta in un'altra e, tirando di qua, ribaltando di là... magicabula bidibii bodibi bu... si trasformava da camera da letto a sala da pranzo con 12 coperti, piuttosto che in un cinema con schermo da 70 pollici e via dicendo...

Negli anni in cui viaggiavo sovente per lavoro, mi sono trovata a vivere, per circa un anno, nella splendida cornice di Milano. Per una questione di comodità, la mia scelta ricadde su di una zona estremamente centrale, la multietnica e quanto mai variegata Porta Romana. Quello che nell'articolo viene definito microloft, all'epoca qui in Italia si chiamava semplicemente monolocale e, considerando il costo dell'affitto, che per 22 mq era di ben 650 euro ( e si parla di circa 6 anni fa) l'impatto, almeno sulle mie tasche, era tutt'altro che a zero.

L'entusiasmo, tipicamente americano, con cui l'architetto descriveva il suo appartamento, è di gran lunga inferiore all'entusiasmo con cui l'agente immobiliare seppe convincermi che quella era la soluzione giusta per le mie esigenze. Partimmo insieme dall'agenzia e, nel tragitto fatto a piedi perché appartamento e agenzia erano abbastanza vicini, l'agente iniziò subito a elencarmi le numerose qualità e caratteristiche che rendevano l'appartamento una sintesi ( e già sul termine sintesi avrei dovuto riflettere) di funzionalità e comfort.
Entrammo nel portone, "antico e signorile" come sottolineò prontamente l'agente che per comodità chiameremo Tarcisio, e mi si parò davanti la tipica struttura delle case di ringhiera milanesi.
Per chi non lo sapesse, le case di ringhiera sono delle case popolari, costruite fino ai primi decenni del '900, in cui si accede ai vari appartamenti dello stesso piano attraverso un ballatoio che corre lungo la facciata interna. Là dove ristrutturazioni consapevoli e dispendiose sono intervenute, possono essere davvero belle e caratteristiche: tuttavia non era quello il caso! L'aspetto era abbastanza deprimente, ma Tarcisio dirottò la mia attenzione sul modernissimo (!!!) ascensore  che mi permetteva di raggiungere il mio quinto piano anche con le borse della spesa, senza fare la minima fatica.

Arrivati davanti alla porta di ingresso, blindata, solida e robusta, Tarcisio inserì la chiave nella toppa e, siccome la porta era blindata, solida e robusta dovette accompagnare l'apertura con un'energica spallata per poterla spalancare.
A questo punto vorrei dire all'architetto newyorkese che non si è inventato niente: che in quei 22 mq era tutto a scomparsa e che, magicabula bidibii bodibi bu...aprivi un armadietto e compariva una "funzionalissima" cucina; magicabula bidibi bodibi bu... ne aprivi un altro e c'era la lavatrice; il tavolo nascosto nella parete, il letto che si trasformava in divano, che diventava poltrona, che poi è stato eliminato perché l'ultimo inquilino, non voglio sapere come, ne aveva sfondato le molle... il bagno, era provvisto di tutto il necessaire, scaldabagno che perdeva compreso e che causò in un gennaio nevoso, un cortocircuito come nessun altro nella storia.
Inoltre anche quel monolocale era decisamente rispettoso dell'ambiente: il riscaldamento, ad esempio, si costituiva di un minuscolo termoconvettore che funzionava metà a gas e metà elettricamente, che non riscaldava un piffero, e che, nel gennaio nevoso di cui sopra, a causa del cortocircuito, smise del tutto di funzionare.

Per rendervi meglio l'idea... ve lo ricordate Renato Pozzetto nel film " Il Ragazzo di Campagna", quando va a vivere nel moderno monolocale a Milano? Ecco! Il mio era un po' meno moderno, ma la situazione era molto simile!

Quindi, il succo di questo discorso è che gli americani pensano sempre di aver inventato chissà che cosa, di aver fatto chissà quali scoperte e di aver portato chissà quale grande contributo alla comunità, quando invece non c'è nulla di nuovo sotto il sole che qui in Italia non abbiamo già sperimentato... ed ora perdonatemi, ma... magicabula bidibi bodibi bu... devo andare a togliere i panni dal forno che oramai saranno asciutti!

Alla prossima, stay tuned!





martedì 25 agosto 2015

Un'amara considerazione

Il mio post di quest'oggi osserva un minuto di silenzio, non per rispetto nei confronti di qualcuno che se n'è andato, ma per rispetto nei confronti della libertà di espressione che talvolta viene imbrigliata in schemi e in timori che andrebbero estirpati.

Ieri ho vissuto situazioni ai limiti del reale, che a raccontarle così, ve lo assicuro, vi farebbero tenere la pancia dalle risate, ed infatti avevo scritto a riguardo un pezzo che, a parer mio, ha dell'esilarante... Tuttavia onde evitare di ritrovarmi a vivere sotto scorta, eviterò di pubblicarlo come mi è stato consigliato da chi certe dinamiche le conosce e le comprende più di me.
Anzi, a dirla tutta, io non le comprendo affatto e faccio fatica a piegarmi a questo genere di cose.
Ma se per la tranquillità di tutti è meglio così, mi atterrò a queste regole sociali, non condivise ma, mio malgrado, accettate.

Non è facile vivere in un territorio fatto da una serie di leggi e codici non scritti, ma di pubblico dominio... io, forse, non mi ci abituerò mai e continuerò ad arrabbiarmi e a dissentire, manifestando il mio disgusto e il mio disappunto con i pochi mezzi che ho a disposizione.
Credevo che scrivere un blog di considerazioni e riflessioni personali sulla realtà osservata, fosse qualcosa di assolutamente semplice e immediato; credevo che riflettere e indurre a riflettere su ciò che di quotidiano viviamo, attraverso l'ironia, il sarcasmo, talvolta persino la causticità, fosse un modo "lieve" di affrontare discorsi, a volte anche importanti, con leggerezza ed umorismo.
Ma, ahimè, questo non sempre è possibile e, a pochi giorni di vita dalla nascita di queste pagine, è già la seconda volta che mi scontro con la necessità di mitigare il racconto della verità, se non addirittura -come in questo caso- di insabbiarla proprio.

Sì perché, sebbene a volte tenda ad esagerare magari con i termini di paragone che uso, tutto ciò che scrivo, tutto ciò che racconto, tutto ciò che dico, ha un unico comune denominatore: la realtà dei fatti e la loro inconfutabile verità.
Da piccola mi hanno insegnato che dire il vero, essere onesti e sinceri, alla fine paga sempre: forse bisognerebbe insegnare ai bambini che, a volte, delle piccole bugie sono meno dannose delle grandi verità di cui abbiamo fatto esperienza e che, da un certo punto in poi, ci appartengono. Ma la verità tante volte fa male, tante altre è scomoda e ingombrante ed allora, mi hanno spiegato, è meglio tacerla o edulcorarla, che raccontarla per quella che è.

Oggi quindi nessun racconto semi serio, nessuna storia divertente, nessuna parodia della realtà, nessuna descrizione dei tipi umani che popolano le mie giornate e le vostre.
Solo questa breve considerazione accompagnata dal sorriso amaro di chi, a 33 anni, ha scoperto che non sempre è possibile essere fedeli a se stessi.

Alla prossima, stay tuned!

lunedì 24 agosto 2015

Tutti in coda appassionatamente

Serata con amici… che si fa, che non si fa… dopo una serie di ipotesi vagliate, escluse, valutate e rivalutate, si decide – mio malgrado – di andare a ballare. Certe volte mi domando perché debba esserci una democrazia anche in questi casi, quando un sano dispotismo che imponga il mio volere, quanto meno per anzianità, sarebbe la soluzione migliore. In ogni caso alla fine capitolo visto l’entusiasmo degli altri componenti del gruppo e partiamo alla volta di questa “serata disco” (e tunz e tunz e tunz… prendete nota che questa dovrebbe essere la colonna sonora con cui accompagnare la lettura del post).

L’avventura inizia già quando si arriva in prossimità del luogo, con un’interminabile coda per trovare il parcheggio; chiamati a raccolta in aiuto tutti gli dei pagani che vi vengono in mente, riusciamo a mollare le auto e a dirigerci, con le migliori intenzioni, verso l’ingresso.

Altra coda interminabile per entrare: fra liste e mica liste, privé e mica privé, tesserati e non tesserati… quando riesci a varcare la soglia ti sembra quasi una conquista, tale da inserirla di diritto nel tuo curriculum vitae come nota di merito.

Se malauguratamente, avendo trascorso un tempo non quantificabile ad aspettare, la natura fa il suo corso e senti la necessità di espletare un bisogno fisiologico… rassegnati! Metà della serata la passerai davanti alla porta del bagno… poi si sa, le donne vanno sempre in bagno in coppia, per cui se anche tu non ravvisassi la necessità di farla, ma la tua amica sì… resti lì, di fronte a quella porta maleodorante, a guardare la tua vita che passa mentre tu aspetti di andare in bagno e in tutto questo non dimenticate mai l’assordante e tunz e tunz e tunz!

Ora, finalmente, può cominciare la serata, ma prima di buttarsi in pista, l’ultima fatica… prendere da bere: e che ve lo dico a fare? C’è da mettersi in fila, pure là… e mentre sono in coda inizio a guardarmi attorno e ad analizzare la fauna che popola quel luogo! Di solito ammiro chi osa nel vestire e se ne frega di tendenze, forma fisica e diktat modaioli, ma vi giuro! Io ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare!!! Ve la ricordate l’elegante sobrietà che caratterizzava i costumi e i personaggi del Rocky Horror Picture Show??? Ecco! Era niente al confronto di ciò che si aggirava là indisturbato, l’altra sera.

Dopo lo shock dovuto al rendermi conto che con il mio abitino, per quanto grazioso e in perfetta sintonia con il mio stile, là dentro sembravo Maria Montessori versione grunge, ma sempre Maria Montessori, devo ammettere di essere rimasta piuttosto spaesata, tanto da cercare un’altra coda dietro cui mettermi in fila, anche se non c’era più niente per cui mettersi ad aspettare.

Va beh, poi la serata ha fatto il suo corso… c’è stato chi si è divertito e chi meno, chi ha ballato e chi no, chi ha buttato le basi per avviare uno studio antropologico sugli usi e i costumi del popolo della notte, chi ha chiamato uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale per ragionare con uno specialista sulle dinamiche che si sviluppano in questi contesti e chi da oggi è in terapia per superare il trauma di aver visto Maria Montessori che, con uno Japan Ice in mano, cercava di diffondere il suo metodo educativo … ma alla fin fine siamo stati bene: l’importante era stare insieme, in coda per qualcosa, ma tutti insieme (e tunz e tunz e tunz) !!!


Alla prossima, stay tuned!

domenica 23 agosto 2015

Letture da spiaggia: si salvi chi può!!!

L’altra mattina ero spiaggia e mi dedicavo alla classica lettura da ombrellone: una rivista femminile che fra le varie diete dimagranti, disintossicanti, energizzanti, anti età, anti stress, anti zanzare, pubblicava un articolo in cui dispensava consigli alle lettrici su come sedurre un uomo…

Già questo lo trovo di per sé abbastanza deprimente, ma ancora più tristi erano i suggerimenti che proponeva e che dava in consegna alle signore donne con la stessa solennità con cui vennero consegnate le Tavole dei Comandamenti a Mosè sul monte Sinai.

Tanto per cominciare partiva dall’assunto che se una volta erano gli uomini a corteggiare le donne, adesso la situazione si è ribaltata… e che spesso le donne si trasformano in “predatrici” (neanche fossimo allo zoo-safari) perché non hanno la pazienza di aspettare che l’universo maschile si risvegli dal torpore… ok, può essere vero che in taluni casi l’uomo sia un po’ timido e abbia bisogno di essere instradato… ma questo non significa trasformarsi nell’ultima delle Mohicane e terrorizzarlo con atteggiamenti aggressivi e poco rassicuranti.

Poi suggerisce di essere sicure della propria scelta… ma allora di che stiamo parlando? Ma secondo questo giornalista una si butta a pesce sulla prima offerta discount che trova? Persino al supermercato prestiamo attenzione a quello che mettiamo nel carrello, figurarsi in fatto di uomini!

Ancora, non soddisfatto delle preziosissime perle di saggezza regalate fino a qui, spiega che, dopo aver sondato il campo analizzando segnali e messaggi subliminali e cogliendo in essi interesse da parte dalla preda di sesso maschile che ha catturato la nostra attenzione, è necessario mettere in campo la propria artiglieria senza dubitare delle proprie capacità seduttive… e sostiene che fare le sofisticate può fare colpo, attrarre ed essere l’arma vincente, per contraddirsi quattro righe più in basso dicendo invece che essere naturali e spontanee farà sicuramente capitolare il nostro prescelto fra le nostre braccia… Mio attimo di confusione, rileggo il pezzo quattro o cinque volte per capire se è il sole che mi ha obnubilato le capacità di intendere o se effettivamente, in poche righe, questa persona è stata in grado di affermare tutto e il contrario di tutto. Rassicuratevi! Il problema non è mio: è suo!!!

Andando avanti nella lettura, propone di rompere il ghiaccio evitando di usare frasi banali che tanto danno fastidio a noi donne quando è l’uomo che tenta l’approccio, e sottolinea come sia importante non concentrarsi su noi stesse, ma catalizzare l’attenzione su di lui facendolo sentire importante e degno di nota… ma quindi? Devo recitare un’ode al perfetto sconosciuto che ho puntato alla festa dopo aver bevuto tre Negroni sbagliati? Sarà…

Poi, non pago, ricorda di usare l’arguzia, e di lasciar credere all’uomo che sia stato lui a prendere l’iniziativa… certo nel caso il soggetto abbia dei problemi è probabile che lo creda… ma calcolando che è mezz’ora che lo guardiamo e gli sorridiamo come se stessimo facendo la pubblicità di un dentifricio, che lo abbiamo ricoperto di complimenti e fatto sentire come una star sul red carpet pur non sapendo neanche come si chiama, dubito che sia così ubriaco da non rendersi conto che ci stiamo provando come delle gatte durante il loro periodo di estro…

In ultimo, la perla più preziosa, quella che non poteva assolutamente mancare in una così insostituibile lista di consigli…ve la riporto testualmente perché non vorrei modificarne il senso e il significato profondo: “Qualunque cosa tu faccia, sii donna e femmina, sempre.”


Al che i miei vicini di ombrellone hanno iniziato a fissarmi con preoccupazione, perché sono scoppiata a ridere da sola… e del resto, cos’altro avrei potuto fare?

Alla prossima, stay tuned!

sabato 22 agosto 2015

Quando tutti i telefoni del mondo si spengono nello stesso istante...


- Situazione tipo numero 1: seduti a tavola con un gruppo di amici... ciascuno attaccato al suo smartphone a comunicare con altri amici, non presenti... ma non potevate uscire con loro?

- Situazione tipo numero 2: in spiaggia, allegra famiglia con bambini... madre che "messaggia" come se non ci fosse un domani, padre concentrato sul suo e-book reader, bambina più grande che gioca con il tablet, bambino piccolo abbandonato in balia dei flutti, ritrovato sulla costa opposta la settimana dopo, quando ormai era stato inserito di diritto in un centro di accoglienza profughi perché lo si pensava naufrago di un barcone.

- Situazione tipo numero 3: coppia di fidanzatini in intimità... lei che a un certo punto salta su urlando "La Jessica si è fatta i capelli violaaaaaaa!" e lui... "Aspetta, aspetta, aspetta che la mia squadra ha segnato tre goal di seguito effettuando un triplo salto mortale, un doppio carpiato e colpendo il pallone di testa..."

- Situazione tipo numero 4: la sposa cammina lungo la navata, gli sguardi degli astanti sono tutti rivolti a lei, ad un certo punto squilla un cellulare... lo sposo dice "Fermi tutti, sono in calo i titoli di xxx sul taglio del rating di yyy che ha anche tagliato sul target price!!! Devo andare..." (non so esattamente cosa ho detto, ma se fossi un'esperta di borsa attualmente scriverei sul "Sole 24ore"!)

Naturalmente le situazioni sopra descritte sono ai limiti del paradosso (beh, non proprio tutte), ma capirete che lo scopo di esse è di indurre a una riflessione: davvero non si è più capaci di godere unicamente della presenza delle persone che dividono con noi la stessa stanza, lo stesso ambiente, la stessa situazione? Davvero abbiamo sempre bisogno di un supporto tecnologico per sentirci vicino a qualcuno? Davvero non riusciamo più a godere unicamente dell'istante presente, ma abbiamo bisogno di essere in connessione h 24 con una serie di informazioni e situazioni non esattamente di vitale importanza?  E le persone con cui condividiamo amici, casa, letto, palestra, cene... ci rendiamo conto che non sono semplici elementi d'arredo, ma creature meravigliose molto più importanti della quantità di "like" che ha ricevuto l'ultima foto che abbiamo postato su fb?

Certo scagliare arringhe da dietro un PC, sembrerà una contraddizione... ma al momento sono sola in casa, la gatta assassina dorme pacificamente sul divano e non sottraggo tempo a nessuno, se non alle pulizie, ai panni da stirare, alla spesa da fare, alla lavatrice da caricare e far partire... tutte cose che dal mio punto di vista possono aspettare, perché è più urgente il bisogno che ho di mettervi a parte di questi miei pensieri.

Non esiste giusto o sbagliato in questo caso... io ho tanti amici distanti, sparsi qua e là per l'Italia e, se non fosse per Fb, per whatsapp, messanger e chi più ne ha più ne metta, sarebbe difficile essere costantemente aggiornata sulle loro vite... ma credo, come in tutte le cose, che ci sia una giusta misura, e che essa si trovi nel mezzo... per cui, se avete la fortuna di condividere un pasto con la vostra famiglia, un aperitivo con degli amici, una giornata in spiaggia con qualcuno che amate... impegnatevi a godere di quei momenti e di quelle presenze, dimenticate smartphone e tablet per qualche ora, i capelli viola della vostra amica Jessica, il triplo goal della vostra squadra e le variazioni continue della borsa... godete di quelle conversazioni, incontrate quegli sguardi e perdetevi in quegli abbracci...perché c'è molta più soddisfazione nel darlo fisicamente un abbraccio che non a mandarlo nell'etere; perché si prova molto più piacere a raccontarsele vis à vis le cose, che non a leggersi sullo schermo di un telefono; perché non esiste cosa più bella e preziosa di stringere delle mani e di perdersi in certi occhi che ti raccontano passato, presente e futuro in un battito di ciglia.

Io la vedo così: forse sbaglio, ma c'è qualcosa di più inebriante di sentire il profumo di chi ami mentre lo stringi forte fra le braccia...? ecco! In quei momenti non esiste niente... e tutti i telefoni del mondo si spengono in quel preciso istante!

Alla prossima, stay tuned!

giovedì 20 agosto 2015

Si cucina sempre pensando a qualcuno...

"Si cucina sempre pensando a qualcuno... altrimenti si sta solo preparando da mangiare".
Mentre il microonde riscalda l'ultimo ritrovato dei surgelati, mi risuona nella mente questa frase... la gatta assassina si lecca soddisfatta i baffi dopo essersi "scofanata" la migliore delle scatolette che, per inciso, costa più del mio surgelato, ed io mi appresto a consumare il mio pasto nella gradevole quiete della mia dignitosa dimora.

Il microonde trilla per avvertire che il suo dovere lo ha fatto, ma ormai la mia testa è altrove... continua a riflettere sul senso di quelle parole... davvero è così difficile riuscire a volersi bene fino al punto di prepararsi persino un piatto che non sia prodotto dal Capitano e dal suo equipaggio? Davvero la molla necessaria per godere di una tavola imbandita è che seduto di fianco ci sia qualcun altro? Ma quindi il problema qual è? Cucinare o non essere soli?

Vero è che se devi nutrire un ospite, pare brutto dargli il volantino del supermercato al posto di un ipotetico menù per scegliere  la cena nella sezione surgelati, ma perché non ci sembra altrettanto brutto se a dover mangiare il surgelato in questione siamo noi?
Quello che voglio dire è che forse dovremmo imparare a volerci bene e a coccolarci, come faremmo se ci stessimo prendendo cura di qualcun altro: che non vuol dire essere egoisti, ma avere a cuore il proprio benessere e la propria serenità; perché solo imparando ad amare noi stessi, sapremo amare qualcun altro nel miglior modo possibile.

E questo discorso vale in cucina, come in qualunque altro ambito della vita.
Solo che, mi rendo conto, tornare a casa dopo una giornata estenuante e mettersi ai fornelli può essere davvero pesante. E allora una passeggiata nella valle degli orti, quattro salti in padella insieme al Capitano, e chi più ne ha più ne metta, risultano le soluzioni più pratiche, veloci e indolori.

Intanto il mio pasto si è raffreddato, persa a congetturare sul senso di una frase letta distrattamente chissà dove... la gatta assassina mi fissa con un'aria di benevola commiserazione ed io... io smetto di prepararmi da mangiare e vado a cucinare... per me!

Alla prossima, stay tuned!

Pollyanna e il gioco della felicità

A seguito di una serie di vicende poco piacevoli avvenute in questi ultimi giorni, mi confrontavo con mia sorella e la sua estrema conclusione è stata... "Dimmi tu, di tutte le persone che conosci, chi effettivamente si può definire felice? Si possono vivere dei momenti di benessere, ma la felicità è una cosa assai rara!"
Da quando ci siamo salutate, non riesco a smettere di pensare a questa sua affermazione!

D'accordo! I problemi ci sono e sono di tutti; le preoccupazioni attanagliano cuore, stomaco e cervello circa 18 ore al giorno... ma davvero non siamo più in grado di essere felici? Davvero siamo talmente assorbiti da tutto questo, da non riuscire a vedere che oltre le nubi ride sempre il sole?
Sia chiaro che non sono nota al mondo per il mio ottimismo dirompente, ma negli ultimi tempi - forse anche solo per spirito di sopravvivenza - ho sviluppato un bisogno vitale, quasi quanto respirare, di credere che aldilà di tutto questo affannarsi, ci sia dell'altro.

Non mi rassegno all'idea che la felicità non sia di questo mondo, né tanto meno credo che l'essere umano non sia destinato a qualcosa di più di un semplice susseguirsi di ansie e preoccupazioni.
Come una novella Pollyanna, mi diverto a fare "il gioco della felicità": cammino per le strade e cerco di coglierne il bello che vi è; guardo fuori dalla finestra e immagino che il baretto sotto casa sia il bistròt del dipinto di Van Gogh "Place du Forum" e tutto ciò che mi circonda, persone comprese, diventano spunto per mettere in pratica le regole del gioco.
Talvolta cerco di trascinare chi è con me in questa avventura che, ai più, potrà sembrare ridicola e, difatti, tante volte vengo guardata come un soggetto a rischio TSO.

Ma sapete che c'è? C'è che non me ne importa niente! C'è che se per essere felice devo dare un calcio a quell'aura sacra e intoccabile mista di serietà, tristezza e rassegnazione, lo faccio! E pure a cuor sereno!
La conclusione di tutto ciò è che forse dovremmo vivere con più leggerezza, che non significa essere superficiali, ma dare a ciascuna cosa e a ciascun avvenimento la giusta dimensione nel quadro della nostra vita; applicare la prospettiva corretta al fine di non ingigantire o ridurre a briciole situazioni e persone che compongono la nostra tela.
Come si fa? mi direte voi ...

Beh, io non mi spaccio per il guru della domenica, ma credo che se ciascuno di noi si sforzasse di fare il "gioco della felicità", anche solo una volta al giorno, ci sarebbero più visi allegri e meno musi lunghi... e poi, facciamoci una domanda: davvero l'essere cupi e nervosi e arrabbiati ci aiuta a risolvere i nostri problemi?
Domani, per quel che ne so, potrei dormire sotto un cipresso e allora... meglio sorridere oggi, ché per avere la faccia contrita e sofferente ho davanti a me tutta l'eternità!

Alla prossima, stay tuned!

mercoledì 19 agosto 2015

Puntare sul finale

Mi aggiravo annoiata su fb poco fa... scorrevo i post dei vari amici distrattamente, fino a che uno di questi ha catturato la mia attenzione. La persona in questione, mia ex compagna di liceo e di università, scriveva come fosse tragico incontrare i propri coetanei che non vedi da un po'... riportava un' ipotetica conversazione tipo: "Da quanto tempo... che fai?che combini?" "Io mi sono sposato, ho una casa, due figli, un lavoro alla NASA... e tu?" L'amara ironia della sua risposta... "Io pensavo di puntare tutto sul finale!"

Inizialmente te la ridi e dici... eh anche io! Poi ti fermi un attimo a pensare e scatta la riflessione... di quelle che a oltre trent'anni ti accompagnano spesso, soprattutto quando continui ad essere invitata a matrimoni, baby shower, battesimi, ricorrenze familiari non della tua famiglia; soprattutto quando torni a casa e ad aspettarti c'è una gatta assassina che ti accoglie con un miagolio di disappunto come a dire "Schiava umana dammi immediatamente del cibo! e poi... volatilizzati!". Soprattutto quando avresti potuto, ma per svariate ragioni alla fine ti sei tirata indietro, e a volte ci ripensi e dici... ma se le cose fossero andate diversamente???

E allora giochi di fantasia, ti metti là buona buona a guardare il soffitto e immagini il tuo percorso su un'altra strada: ti immagini sposa e quindi moglie, incinta e poi madre; ti immagini professionista in carriera, con una casa tipo telefilm americano, due cani, tre gatti (questi non assassini), l'acquario, l'iguana e pure due anatre ammaestrate che fanno molto famiglia felice. Ti immagini immersa nel tuo tranquillo ménage familiare e non, con gli amici che la domenica arrivano per grigliare allegramente nel tuo giardino ricco di piante esotiche, mentre i bambini starnazzano felici... oops le anatre starnazzano felici e i bambini giocano sereni riempendoti il cuore di sorrisi! Immagini tutto ciò con un sorriso ebete e mentre la lacrimuccia quasi ti scivola lieve sulla guancia, la tua gatta ti fa un agguato degno di una tigre dai denti a sciabola e ti riporta alla realtà.

Ti risvegli dal tuo torpore, ti guardi attorno nel tuo appartamento; nessun marito, nessun bambino, né cani, né iguana, né anatre, né piante esotiche che, considerata la mia naturale predisposizione per il giardinaggio non avrebbero una vita lunga, ma nel sogno di prima avevo anche il giardiniere! Ti guardi attorno dicevo e c'è solo la gatta, ancora in posizione di attacco: la prendi in braccio, si dimena un po', ma poi si lascia andare... la stringi al petto, la guardi negli occhi e sorridendo le dici... NOI, CARA MIA, PUNTIAMO TUTTO SUL FINALE!!! E CHE FINALE!!!

Alla prossima, stay tuned!

Debutto in sordina

E siamo alle prime battute... un po' di emozione, tanta confusione (io e la tecnologia abbiamo un rapporto conflittuale) e tanta voglia di raccontarsi.
L'idea mi è venuta già da tempo... ma poi mi son sempre detta che non c'era molto da dire, che ci sono vite veramente inimitabili degne di nota e la mia non è certo una di queste!
E poi ho ragionato un attimo... e perché no??? Tutt'al più non mi leggeranno!
E così eccomi qua a riempire queste pagine, libere, di pensieri, parole, riflessioni e idee... su cosa esattamente non lo so, ma con un po' di buona volontà ci arriveremo.

Partiamo da me: 33 anni, laureata, non sposata, una gatta, una casa, il nord Italia nel cuore, nata nel profondo sud e tornataci, dopo vent'anni, per ragioni che ancora cerco di decifrare; una carriera alle spalle, buttata via per inseguire un sogno, che langue quotidianamente senza speranze di spiccare il volo in quella che dovrebbe essere la culla dell'arte e della cultura... la Magna Grecia. Poi ti accorgi che, passata l'età dell'oro, la mente umana ha subito come una sorta di resettaggio e che dei buoni propositi del passato, resta solo una lontana e amara eco.

Non è mia intenzione esprimere giudizi sulla "questione meridionale", non ne avrei le competenze; ma sta di fatto che una questione c'è e che, ora come ora, ne subisco le conseguenze come chiunque altro viva qui, anche se ritengo che un bel po' di lassismo e di paciosa rassegnazione di chi questa realtà l'ha sempre vissuta, faccia la sua parte nel determinare la situazione.
Non voglio partire con polemiche già dal primo post... ma dal momento che l'idea di fondo sarebbe quella di regalare un quadro quanto mai veritiero della realtà, perché nascondersi dietro a un dito ignorando che ci sono problemi che, senza un risveglio delle coscienze, rimarranno insormontabili?

Ma torniamo a me che sto divagando... dicevo che ho mollato una carriera consolidata per inseguire un sogno: folle! Mi direte che sono folle... ma forse, persuasa dall'idea che proprio io sarei potuta essere quell'una su mille che ce la fa, come cantava il buon vecchio Morandi, ho detto PROVIAMO! Va beh! Che ve lo dico a fare? Si che la ruota gira per tutti, ma evidentemente la mia gira nella direzione sbagliata... ironizzo chiaramente, ma come dicevo prima è difficile sdoganare certe convinzioni, ed al momento sono un'anima inquieta "protesa fra voglie alternate di andare e restare"!

Ok, ho messo un bel po' di carne al fuoco... del resto l'estate ben si presta a far bilanci: settembre è alle porte e con un bel colpo di reni ribalteremo la situazione, o almeno spero. Tutto sta a non perdere di vista i propri obiettivi...

Alla prossima... stay tuned!